Adoro il fatto che, quando usciamo dai patri confini (ma anche dentro i medesimi, per la verità...), noi italiani ci troviamo a fare i conti con gente che è disposta a staccarci a morsi un orecchio o un pezzo di spalla pur di vincere una partita di calcio.
Nessuno più di noi è impreparato a tale formidabile discrasia, in quanto siamo pervasi (artatamente) di una cultura "buonista" che è totalmente priva di significato e valenze concrete nel mondo reale, ma che è utilissima a chi ci governa per farlo per via sodomitica, usando la carota nel modo testé indicato e ricorrendo al bastone (per altro anch'esso utilizzabile ai fini di cui sopra...) solo come "extrema ratio".
E noi imperterriti, a farci massacrare (spesso e volentieri anche per conto terzi, vedansi le "missioni di pace") in nome di una "bontà" che non esiste, che non è moneta corrente nel mondo reale (dove prevalgono di gran lunga i lupi, non gli agnelli), e con pochissimi che si interroghino su una questione fondamentale: ma la "bontà" di cui ci hanno sporcato l'anima e la mente fin dalla scuola materna, è bontà vera o è un lercissimo modo per sodomizzarci meglio, privandoci pure della voglia di ribellarci, rendendoci imbelli di fronte a tutto ma soprattutto a chi ci malgoverna?
Se ci aiutasse a fare queste riflessioni, anche una partita di calcio finita male potrebbe rivelarsi utilissima.
Piero Visani
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