Di quei giorni, Carlo aveva in mente il dipanarsi, presto diventato consueto: il suo arrivo, la corsa presso il loro rifugio, i pomeriggi che diventavano notti sotto il peso di una travolgente sensualità.
La consuetudine, tuttavia, non aveva nulla di tradizionale, o di scontato, o di ripetitivo. Al contrario, era un percorso in ascesa, una scoperta che aveva componenti fisiche e psicologiche.
Il contesto - è vero - poteva risultare abituale, ma null'altro lo era, poiché la dinamica dell'interazione reciproca era complessa e, essendo i due protagonisti soggetti multidimensionali, gli sbocchi risultavano di volta in volta imprevedibili.
Non c'era una dominante. C'erano, semmai, situazioni sempre diverse, che Carlo e Laura esploravano a modo loro, sulla base di suggestioni quasi sempre episodiche, frammentarie, momentanee.
Avevano tentato, in un primo momento, di stabilire qualcosa che potesse vagamente somigliare a un programma di conoscenza, ma lo avevano rapidamente abbandonato, avendo preso consapevolezza del fatto che era molto meglio lasciarsi guidare dall'istinto, dagli stimoli del momento, da curiosità che potevano emergere di colpo.
Laura in apparenza era più timida, ma quella sua presunta timidezza, per altro vaga, era più un suo modo di gestire una propria dimensione sociale, un atteggiamento che si confacesse alla sua veste di "donna in carriera". Nella solitudine di quei pomeriggi, infatti, quando non erano solo gli abiti a cadere, ma molte altre forme di censura, la sua natura mutava progressivamente, così come di fretta mutava spesso anche il suo umore, e si faceva aggressiva, curiosa, vorrei dire perfino dominante, se la definizione non corresse il rischio di innescare qualche equivoco.
Era come se ella si liberasse delle proprie timidezze e desse fondo non alla sua sensualità - perché davvero non ne aveva bisogno, tanto in lei questa era naturale, spontanea, diretta e decisa - quanto a talune sue curiosità sessuali e forse addirittura fisiche. Un atteggiamento in parte imprevedibile, ma gradevole, che faceva comprendere quanto si trattasse di una donna libera, priva di qualsiasi complesso di colpa, o di inibizione psicologica e/o sociale. Laura dava fondo ai propri appetiti e alla propria carnalità, entrambi alquanto forti, e guardarla, sentirla, subirla, faceva del rapporto con lei un'esperienza assolutamente "di confine".
Carlo, per parte sua, era complice e partecipe. Attivo, non passivo, intento a sublimare tutto in una ricerca di sintonia e alchimia che desse a quel loro rapporto la massima intensità possibile.
Quando ne avevano voglia, uscivano per la cena, consapevoli del fatto che quegli attimi fuggenti non potevano esaurirsi nella mera carnalità, ma dovevano essere portati oltre, nella giusta dimensione in cui il loro incontro aveva avuto inizio, quella spirituale. Entrambi convinti cultori di un approccio olistico all'esistenza, sapevano che la cosa peggiore che avrebbero potuto fare sarebbe stata quella di esaurire le loro interazioni nella pura dinamica sessuale, la quale invece era al tempo stesso premessa e sviluppo di tutte le altre, per di più in una lettura dinamica e multidirezionale, che non prevedeva passaggi o escalation ritualizzate, ma itinerari percorribili nelle direzioni più diverse, a seconda dei momenti e delle emozioni che quei momenti avevano attivato.
Rientravano nel loro rifugio felici e talvolta vagamente eccitati, magari a seguito di qualche contenuto alcolico di troppo, ma perfettamente consapevoli di aver trovato una loro dimensione, né spaziale né temporale. Più semplicemente, una dimensione delle loro anime.
Piero Visani