L'inverno 1861-1862 fu il primo inverno di guerra per la neonata Confederazione sudista. Anche se la tradizione militare del Sud era nettamente superiore a quella del Nord, ben pochi erano gli uomini con una reale esperienza di guerra e ovviamente a costoro erano toccati i ruoli di comando. Tutti gli altri ufficiali, sulla base di un criterio assolutamente bizzarro, vennero in genere eletti per voto democratico da parte dei membri dei rispettivi reparti. Fu così che spesso dei vacui parolai ottennero comandi importanti a scapito di persone con ben più autentica vocazione (e capacità) militare.
Tuttavia, questo non fu il caso di Nathan Bedford Forrest (1821-1877). Nato a Chapel Hill, nel Tennessee, aveva fatto fortuna come proprietario di piantagioni e speculatore, per cui, al momento della Secessione (dicembre 1860), era un uomo ricco, in grado di reclutare a proprio spese un battaglione di cavalleria, che naturalmente lo aveva eletto a proprio comandante.
Privo di qualsiasi istruzione militare, era tuttavia un leader nato, per caratteristiche psicologiche e temperamentali, nonché un brillante comandante di cavalleria e un finissimo tattico.
Il primo inverno di guerra gli diede occasione di dimostrarlo. Nel febbraio 1862, l'esercito unionista al comando del generale Grant aveva occupato la città di Paducah, nel Kentucky, e aveva conquistato Fort Henry, sul fiume Tennessee. Era evidente l'intento dei nordisti di tagliare le vie fluviali della Confederazione, bloccandone le comunicazioni e i commerci interni.
Forte di un esercito di 15.000 e supportato da una flotta di cannoniere fluviali, a quel punto Grant rivolse la propria attenzione a Forte Donelson, sito sul fiume Cumberland. Tra i difensori del forte c'era anche il battaglione di cavalleria di Forrest, con un organico di circa 650 uomini.
Con l'aggressività che cominciava a renderlo noto ai confederati (perfino superiore alla sua mai smentita propensione all'alcolismo), Grant si abbatté come un ciclone su Fort Donelson, minacciando di conquistarlo in breve. Spaventati da tanto spirito offensivo, con una delle decisioni che rimangono uno dei misteri irrisolti della Guerra Civile, i comandanti sudisti decisero di arrendersi, senza nemmeno combattere.
Sorpreso da tale inaudita decisione, Forrest protestò violentemente, ma non aveva il grado per potersi opporre alle decisioni dei suoi superiori. Tuttavia, sbalorditi dalla veemenza del suo scoppio d'ira, i generali confederati gli diedero il permesso di cercare di sottrarsi all'accerchiamento in cui Grant aveva stretto il forte, guidando il suo reparto e tutti gli uomini che intendessero seguirlo.
Nel buio di una gelida notte di inverno, Forrest guidò i suoi uomini verso la salvezza, seguendo un percorso rischioso ma audacissimo e, dopo una cavalcata di 75 miglia in due giorni, riuscì a portarli al sicuro a Nashville.
La fuga da Fort Donelson diede inizio al mito di Forrest, uomo di estrema energia individuale e di grandissimo talento tattico, sempre intento a perseguire un solo obiettivo: combattere il nemico dovunque e comunque possibile, in modo da infliggergli gravissimi danni. Per tutto il Sud, egli diventò così "il mago della sella".
Il dipinto di John Paul Strain lo ritrae alla guida del suo reparto, in fuga da Fort Donelson onde evitare l'onta della resa.
Piero Visani
La fuga da Fort Donelson diede inizio al mito di Forrest, uomo di estrema energia individuale e di grandissimo talento tattico, sempre intento a perseguire un solo obiettivo: combattere il nemico dovunque e comunque possibile, in modo da infliggergli gravissimi danni. Per tutto il Sud, egli diventò così "il mago della sella".
Il dipinto di John Paul Strain lo ritrae alla guida del suo reparto, in fuga da Fort Donelson onde evitare l'onta della resa.
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