Fu intorno ai 18 anni che lessi una affermazione che Nietzsche mette in bocca a Zarathustra: "si chiama Stato il più gelido di tutti i gelidi mostri".
Da appassionato cultore del grande filosofo tedesco, avrei dovuto farne tesoro e invece - probabilmente per educazione familiare - rimasi intriso di rispetto per lo Stato fino a che le istituzioni non le conobbi da vicino (e dall'interno), cosa che avvenne a partire dai 38 anni.
Fu una vera rivelazione, per me. Ero molto lieto di poter avere una insider's view degli "arcana imperii", che mi avevano sempre affascinato, ma mi accorsi ben presto che ero in un film dei Vanzina, e non dei migliori. Ero in "Sotto il vestito niente!".
Prudente e osservatore come sono sempre stato, mi limitai a guardare, imparare e vedere se, per caso, riuscivo a ritagliarmi una nicchia e, in qualche maniera, ci riuscii, anche se, nel fare certe cose, i miei sussulti di libertà e indipendenza furono quasi sempre soffocati, se non nei rari casi in cui potei godere della protezione di sponsor illuminati. Ma di una cosa mi accorsi, e non l'ho mai dimenticata: che le "pubbliche virtù" imposte ai cittadini non valevano proprio per chi esercitava la nobile arte di imporle, per i quali, semmai, era più facile praticare - con aperta soddisfazione - un numero pressoché infinito di vizi privati.
Presi atto della sperequazione, sempre osservando dall'interno, consapevole che, una volta uscito fuori di lì, non avrei mai più bevuto una frase intrisa di retorica. Fu in quegli ambienti che mi accorsi della assoluta veridicità di una frase di Samuel Johnson, quella per cui "il patriottismo è l'ultimo rifugio delle canaglie". In effetti, tra i "patrioti" che avevo avuto modo di conoscere da vicino io, le canaglie abbondavano, e quanto...!
Passato a fare altri mestieri, mi accorsi che lo Stato non aveva alcun particolare interesse per me, se non quando c'era da PAGARE. Prima e dopo quell'atto che definirei di fondazione, i pubblici poteri non sapevano chi io fossi, né volevano saperlo, ma l'atto di fondazione era invece determinante: o paghi o muori (nel senso che verrai ucciso).
Una delle mie caratteristiche caratteriali più spiccate è che non amo i torti e che, fatto oggetto di un'azione, do sempre il via a una reazione uguale e contraria, poco importa chi ne sia stato l'artefice. Ero stato un "ribelle con una causa", potevo tornare ad esserlo, o anche diventare un "ribelle senza una causa", condizione che mi piaceva anche di più.
Da quando lo Stato mi ha colpito, ho cominciato a nutrire un rancore fortissimo, che ha fatto lievitare in me un virulento spirito di vendetta. Temo proprio che non potrò mai praticarla, e questo mi fa molto male, ma - in una fase storica come la presente, in cui lo Stato italiano si sta palesemente liquefacendo - mi sono preoccupato per tempo di disegnare la mia personalissima "exit strategy".
Non spero niente, non sono in grado di cercare rivincite (anche se amerei trovarle, oh se amerei farlo...!), però non alzerò bandiera bianca. La mia personale guerra con lo Stato è iniziata nel 2008 e continuerà ad oltranza. Non vincerò, anzi perderò, ma - nel perdere - farò danno - e userò tutte le mie scarse possibilità per ricordare a tutti - come Zarathustra - "che si chiama Stato il più gelido di tutti i gelidi mostri".
Quell'istituzione che ti toglie la voglia di vivere merita solo odio assoluto. Io sono qui a nutrirlo, già da tempo, senza timore alcuno. La voglia di vivere me l'hanno tolta, ma l'odio no. E quello è da tempo il senso unico e ultimo del mio vivere.
Piero Visani
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