Domenica sera, ore 19,30.
Una strada secondaria tra Carmagnola e Pralormo, in provincia di Torino.
Un lunghissimo rettilineo, di almeno 4 km, in cui l'asfalto è stato in parte rifatto di fresco.
Procedo lentamente. Sto andando fuori a cena, non ho fretta alcuna.
La strada è deserta. Nella mia direzione ci sono solo io, con la mia auto.
Ad un certo punto, a circa un chilomentro davanti a me, vedo venirmi incontro un auto, posizionata molto al centro della carreggiata. La strada è stretta, ma non strettissima, anche se fortemente "a dorso d'asino".
La mia attenzione è inevitabilmente attratta dalla strana posizione che essa tiene, ma non ci faccio molto caso. Penso che si tratti di qualcuno che non ci vede molto bene e che, avendo parzialmente il sole in faccia, forse procede così per sicurezza.
La distanza fra le due auto, anche se procediamo entrambi a non più di 70-80 km/h, si riduce rapidamente e così riesco a notare che si tratta di un'auto molto vecchia, di cui non saprei individuare il modello, molto sporca, talmente grigia di sozzura che non pare esserci alcuno a guidarla.
Mi interrogo rapidamente sul che fare, perché le distanze continuano a diminuire e l'auto si mantiene al centro della carreggiata. Mia moglie si altera e dice che quell'auto ci sta venendo addosso, per cui mi invita a portami sul lato o a fermarmi.
Le faccio notare che sono già sull'estremità più totale del lato destro e che la strada è fatta in modo tale che, se esco dalla carreggiata, rischio di precipitare nella scarpata. Al tempo stesso, visto che queste situazioni non mi sono del tutto nuove, penso che, se mai dovessi fermarmi, il pazzo che mi sta venendo incontro mi centrerebbe in pieno, e con facilità. Non so quali siano le sue intenzioni, ma so quali sono le mie: evitarlo, non favorirlo.
Da ragazzo neopatentato, ero un grande amante del chicken game, cioè del "gioco del pollo", il mitico gioco statunitense dei tempi di James Dean o Elvis Presley, in cui due maschi, onde saggiare "chi l'avesse più lungo" e farsi belli con le ragazze, si scagliavano a tutta velocità verso un precipizio e naturalmente chi frenava per primo sarebbe stato "il pollo", mentre l'altro "il macho, il figo" (sono tutti termini che all'epoca non usavano, ma non mi viene in mente nulla di meglio).
E così mi invento un mio personale chicken game. Una delle mie peculiarità migliori, del resto, quella che fa sì che io resti quasi sempre da solo, è che non so riparare niente, non ho il "pollice verde", non amo particolarmente il mio prossimo, ma sono gelidissimo, ai limiti dell'algore, nelle situazioni di crisi. Così gli punto direttamente contro con la mia auto, creando un nostro personale chicken game. Man mano che ci avviciniamo, noto che è un uomo calvo, molto abbronzato, di notevole statura, visto che la sua testa tocca quasi il tettuccio dell'auto. Mi pare abbia un'aria allucinata, ma ora ho altro cui pensare.
La mia idea è che, più attenderò all'ultimo per scartare, più avrò la possibilità di evitare un urto frontale. E così faccio. Mia moglie urla, io no. Io lo scarto all'ultimo, mettendo due ruote sulla scarpata e prendendo sicuramente una botta alla parte sottostante dell'auto (poi verificata come fortunatamente influente), ma riprendendola subito e riportandola sulla carreggiata, ovviamente dopo aver corso un discreto rischio di capottare.
Allora, solo allora, guardo nello specchieto retrovisore e vedo che il pazzo continua a procedere alla medesima velocità e nella medesima direzione, occupando il 70 per cento della carreggiata.
Invoco tutti gli dei dell'universo pagano affinché facciano sì che, dietro di me, a distanza di qualche chilometro, proceda tranquillo il camion protagonista del celebre film "Duel", di Steven Spielberg. Sarebbe bello vedere, in quella circostanza, quale potrebbe essere il comportamento del pazzo che aveva deciso di farmi a pezzi. Purtroppo è domenica, per cui l'ipotesi è di difficile realizzazione, ma comunque spes ultima dea.
Poi tutti a cena tranquilli. Le situazioni di crisi si risolvono così: usando il cervello o comprandosi una "technika". Ma, nell'Europa devirilizzata, utilizzare a fin di bene la mitragliatrice di bordo di quel tipo di auto mi metterebbe dalla parte del torto, del "criminale omicida". Invece così il mio diritto alla ragione (e anche quello alla sopravvivenza) consiste nel fatto che sono riuscito a scamparla. Altrimenti avrei potuto esercitare il mio "diritto ad una buona morte" o ad un concorso di colpa ("ma perché diavolo mai passavi di lì a quell'ora, ma sei tutto scemo, o solo sfortunato...?"), e il mondo giuridico italiano si sarebbe sentito, insieme a quello politico, come sempre molto soddisfatto.
Ho cercato di risolvere da me, come sempre. Mi trovo bene, quando lavoro con e su me stesso: mi prendo un sacco di insulti, di inviti a sloggiare, suscito ilarità e facili ironie, da parte di coloro che sanno colpire solo di spalle, mai di fronte, ma le situazioni le so gestire, senza dover scendere ed esclamare: "vai via, cattivone, che mi disturbi"...
Piero Visani
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