martedì 27 giugno 2017

Incontri al bar - 1

       Da quando il mio amico Fabrizio Rossettini - il protagonista della vicenda narrata nel mio primo romanzo - ha saputo che questo sarà pubblicato subito dopo l'estate dagli amici di Idrovolante Edizioni, mi tormenta quasi quotidianamente. In un primo tempo, era in preda a una sorta di gioiosa eccitazione per la pubblicazione; poi voleva sapere a tutti i costi la data della medesima, ed ho dovuto tranquillizzarlo. Da qualche tempo, invece, è in preda a tormenti. Così ho deciso di incontrarlo al "Gran Bar" di Piazza Gran Madre, a Torino, uno dei luoghi abituali dei nostri colloqui.
       "Ho riletto molte volte la tua ultima versione del romanzo" - esordisce - "e sono soddisfatto. Ma ho un appunto da farti: qua e là è troppo freddo e distaccato".
       "E' il mio carattere" - gli rispondo - "e poi forse non ti ricordi di quanto fosse 'sopra le righe' la tua prima stesura, con il rischio di crearti anche problemi di vario genere. Io ho reso il tutto molto più lieve, preservando i lati belli della vicenda".
       "Sì, può essere" - ribatte lui, poco convinto - "ma non hai preservato la mia identità. Il Fabrizio Rossettini, protagonista del romanzo, talvolta è più te che me. Si pone interrogativi suoi, non miei".
       "E quali sarebbero gli interrogativi che non mi sarei posto?", gli chiedo con una dose di malcelata ironia.
      "Quelli veri, quelli fondamentali, quelli relativi alla deliberata distruzione di una bella storia. Nella mia versione originale, quella che poi ho trasmesso a te perché la emendassi, c'erano".
       "E' vero" - ammetto - "ma un romanzo non è e non può essere una mera cronaca. Occorre guardare in trasparenza e pensare che è scritto da una sola persona, l'Autore, e non da due, cioè i due protagonisti. Ne consegue che ci vuole molta levitas e che è meglio parlare di ciò che si sa, cioè dei sentimenti e delle emozioni tue, non di quelle di cui non si sa, o non si sa abbastanza, e ci si limita ad interpretarle, vale a dire le emozioni della protagonista femminile".
       Fabrizio tace, ma pare poco convinto, poi prosegue: "Mi fido di te, ma io l'avrei reso più personale, ci avrei messo di più delle mie sofferenze, della mia identità violata, della mia dignità conculcata".
       "Sarebbe stato uno sciocco regolamento di conti", obietto io. "Meglio lasciar parlare gli eventi, visti come li hai visti tu con i tuoi occhi, senza pretendere altro".
      "Si capiranno le mie ragioni e i miei comportamenti?", mi chiede lui, quasi ansioso.
      "Ha importanza?", chiedo io, sapendo che una domanda del genere lo farà arrabbiare.
       "Sì, caspita, sì che ne ha. Non voglio fare la figura dello scemo!". E alza anche troppo la voce, nel dirlo.
      "Non credo proprio che la farai" - ribatto io - "Al massimo sei stato ingenuo, ma neppure troppo. Il giusto".
       "Dici davvero?" - mi chiede lui, con aria sorpresa.
       "Fidati di me" - cerco di tranquillizzarlo - "Non sono mai stato granché bravo a gestire l'ex ante e il 'durante', ma gestire l'ex post di qualsiasi vicenda è una mia specialità: ci sono gli eventi, ma anche la memoria dei medesimi. E' stato a lungo il mio mestiere!".
       Fabrizio infine sorride: "Lo vedremo alla prova dei fatti".
       "Certo, fidati!".

                             Piero Visani



1 commento:

  1. Questo lo devo proprio commentare !!!! Dialogo sublime !!!!!! Vi siete poi fatti una bella bevuta insieme ?

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