Ho ascoltato e letto molte menzogne, in questi mesi. Non me ne sono preoccupato più di tanto. Ho una mentalità molto precisa: se devo sopprimere metaforicamente qualcuno, non ho bisogno di farlo salvando le apparenze. Tuttavia, so bene che quello che penso io non è necessariamente condiviso da altri, così ho capito che questa mia "uccisione simbolica" aveva bisogno di tutto un insieme di strutture e strumenti che la rendessero accettabile non per me, ma per chi l'aveva perpetrata.
Così, attento come sono ai dettagli, sono andato a rileggermi molta letteratura su un'autrice come Carolina Invernizio (1851-1916), la quale - per stile e concettualità contorta - mi pareva la più affine a un certo tipo di testi che mi capitava quotidianamente di leggere.
Senza voler in alcun modo condividere la terribile valutazione di Antonio Gramsci a carico della poveretta ("l'onesta gallina", la definì), quello che emerge dall'analisi dell'opera della medesima è il ruolo dominante di una morale borghese (ma sarebbe più corretto dire piccolo-borghese), intrisa di perbenismo e di necessità di salvaguardare le forme più esteriori della morale sociale.
Nel fare questo, la Invernizio non esita a stravolgere alcun tipo di realtà, a condizione di renderla strumentale al proprio disegno di costruzione della trama e, al tempo stesso, alla propria visione del mondo, dove ipersoggettivismo e masochismo costituiscono spesso le vie di sfogo di un erotismo molto forte, ma rifiutato in quanto - per l'appunto - non socialmente "presentabile".
Mi sono divertito a leggere la critica letteraria su questa scrittrice e ho trovato molti spunti di analisi e comprensione della psicologia femminile. Così ho capito che, non rientrando in una disegno preconfezionato e socialmente accettabile, il mio ruolo era segnato.
La mia attuale serenità è frutto di questa approfondita disamina, in quanto ho compreso di essere sul versante discendente di quello che era stato - a suo tempo - il versante ascendente: fatto di volontà predatoria, di corteggiamento costante e continuo, di gelosie parossistiche di un soggetto che, in quella fase, aveva esigenze di conquista e non - come qualche tempo fa - liquidatorie.
In una parola, ho compiuto un ciclo e detto ciclo non è certo privo di componenti psicologiche profonde e molto radicate, dove ciò che è attribuibile a censure moralistiche dell'Autrice viene rovesciato a carico dei suoi personaggi di sesso maschile, inevitabilmente destinati a diventare "colpevoli" di tutto, essenzialmente in quanto maschi.
Oggi, dopo tanta riflessione e speculazione, ho raggiunto un'assoluta tranquillità, nel senso che ho compreso che, qualunque cosa avessi fatto - non nel male, ma nel bene - mai sarei potuto riuscire a sottrarmi a questa autentica "macchina infernale". In una parola, ero entrato in un meccanismo psicologico da cui non avevo scampo. E inoltre, sapendo che quello stesso meccanismo si era già attivato altre volte, con altri uomini, di fatto non ero altro che "una vittima predestinata" in più...
Credo che l'analisi psicologica, pur con tutti i suoi limiti, possa aiutare a comprendere la reale natura di molte situazioni e ritengo che il vedersi addossare ogni colpa, anche le più banali, sia la soluzione più agevole per poter respingere più facilmente, a livello psicologico, ciò che l'Io vorrebbe, ma il moralismo borghese non consente di fare.
E' evidente che scrivo tutto questo non per giudicare, ma semplicemente per sottolineare che ho capito e preso atto. Da certe psicologie e dalle situazioni che esse ricreano per naturale e profonda "coazione a ripetere", non c'è difesa alcuna. E infatti ho smesso di preoccuparmene.
Piero Visani
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