Giunta ormai alla quinta puntata, la serie mi sta piacendo. Lynch è un maestro dell'autocelebrazione (e qui qualcuno di sicuro penserà che è proprio per questo che mi piace, e io non lo negherò...) e del proprio linguaggio cinematografico, come pure di quello musicale (che cura personalmente), ha fatto quasi una "koiné", dunque un linguaggio in cui espressione, narrazione e autocitazione si fondono di continuo, per dare luogo a una manifestazione filmica unica e inconfondibile, che dà il segno di sé nel momento stesso in cui si estrinseca.
Mi piace molto questo suo modo di comunicare, che della totale circolarità dell'autoreferenzialità umana (costante e continua) fa non solo la propria cifra cinematografica e comunicativa, ma LA IRRIDE, fingendo di autocitarsi. E' una pratica assai raffinata, dove il surreale diventa paradossale perché il paradossale è già di per sé surreale.
Lynch, se vogliamo, è un "circarama", ma mi chiedo se lo spettatore medio se ne accorga...
Piero Visani
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