giovedì 13 agosto 2015

C'è chi pensa per me...

       Una delle caratteristiche più spiccate di Facebook, almeno per quanto mi riguarda, è che rappresenta una sorta di "catena della fraternità".
       Hai un problema cui magari hai accennato en passant? Troverai sicuramente chi ti consiglia come risolverlo.
       Hai fatto riferimento a difficoltà di lavoro o di altro genere? Deprecheranno questa tua condizione (e ti resterà sempre il dubbio se per sfotterti o fotterti) e ti spiegheranno come rimediarvi, compiangendoti per la tua manifesta insipienza.
       Hai espresso dubbi o intendimenti ideologici? Ti diranno come sciogliere i primi e come cambiare i secondi, sebbene tu non abbia alcuna intenzione di farlo.
       Questo è bellissimo. Altro che social network, questa è una "catena di Sant'Antonio" di consigli non richiesti.
       Un mio amico molto saggio, certamente più esperto di comunicazione di quanto non lo sia io, sostiene che il compito dei "social" sia proprio questo: saturarti di consigli o di opinioni non richieste. Il tutto intinto in un vago sadismo, dal momento che, da quando ho iniziato a stigmatizzare queste pratiche, il numero di coloro che stanno "pensando e lavorando per me" è cresciuto in misura esponenziale.
       Per fortuna, sono sufficientemente avanti con gli anni da poter affermare che la vita mi ha insegnato che menzogne, falsi interessamenti, e tante altre forme di eterodirezione della personalità sono da sempre all'ordine del giorno, pur se diventano quotidianamente più frequenti.
       Ne ho viste di tutte: c'era chi "mi portava sempre un po' con sé" al lunedì, salvo scaricarmi al martedì come un sacco di spazzatura.
       Chi "mi sapeva", ma - se io mi ricordavo di lei - allora preferiva "non sapermi".
       Chi mi diceva cosa avrei dovuto fare per avere successo nella vita.
       Chi si limitava a dirmi cosa avrei dovuto fare "tout court".
       Chi voleva porre rimedio ai miei terribili difetti e chi - più semplicemente - amava prendermi un po' in giro per scroccare un pranzo o una cena.
       Ci fu un tempo in cui mi arrabbiavo ferocemente per questi trattamenti, ma poi ci ho fatto il callo e ora mi limito a prenderne atto. Ho fatto mia una visione in fondo entomologica dell'esistenza, per cui - più che vivere davvero - mi guardo vivere. Non partecipo, assisto.. Non sono qui, sono sempre altrove. Se per caso sono qui, ci sto esercitando un feroce autocontrollo e una divertita ironia. Dunque non sono pericoloso.
        Non devo più vendere e neppure comprare. Posso scegliere ed è davvero un'attività senza prezzo, ma con straordinario valore.

                           Piero Visani