Con il termine histoire-bataille si era soliti definire, un tempo, quella storiografia che si interessava soprattutto di eventi, dimostrandosi poco o punto attenta a tutti gli altri fenomeni che caratterizzano il divenire storico.
Per molto tempo, la storia militare è stata una componente per eccellenza della histoire-bataille, anche se, man mano che gli anni passavano, essa diventava una disciplina sempre più sofisticata, più attenta ai particolari, più ricca di implicazioni connesse alla psicologia dei combattenti, al funzionamento dei sistemi d'arma, alle dinamiche della sociologia di gruppo e naturalmente a una descrizione di prima mano di quell'atto supremo, apparentemente privo di segreti e in realtà del tutto sconosciuto (sovente sconosciuto perfino ai protagonisti), che è il combattimento.
Una pietra miliare, in questa evoluzione verso la modernità, è stata un'opera celeberrima come "Il volto della battaglia" (The Face of the battle, nell'originale inglese, edito nel 1976), uscita per la prima volta in lingua italiana, per i tipi di Mondadori, nel 1978.
La caratteristica principale de Il volto della battaglia era di presentare alcuni celebri scontri del passato (tra cui, non a caso, Waterloo), così come li avevano visti e sopratutto vissuti coloro che li avevano effettivamente combattuti, per cui lo storico non si era limitato a raccogliere la classica documentazione sul tema, ma aveva condotto una lunga indagine tra diari, memorie, lettere private e pubbliche, testimonianze, producendo un quadro vivido di quella che fu una celebre battaglia per coloro che la vissero da protagonisti.
Ponendosi sulla scia dell'opera di Keegan, un altro storico inglese, Brendan Simms, docente di Storia delle Relazioni internazionali all'Università di Cambridge, ha pubblicato nel 2014 The Longest Afternoon. The 400 men who decided the battle of Waterloo, che è già stata ripresa quest'anno in edizione tascabile dalla Penguin Books.
The Longest Afternoon è un singolare caso di micro-histoire militare. L'Autore ha infatti eletto a protagonista del suo lavoro la fattoria di La Haye Sainte, posta esattamente al centro del campo di battaglia di Waterloo (ne consiglio la visita a tutti gli appassionati, per meglio comprenderne la natura del ruolo a livello tattico) e ha raccontato in dettaglio la storia dei 400 uomini della King's German Legion che vennero incaricati di difenderla dagli attacchi francesi e che la difesero fino al tardo pomeriggio di domenica 18 giugno 1815, cioè fino a quando riuscirono a farlo, prima di essere costretti a battere in ritirata.
Il volume, scritto con stile assai vivido, si concentra sui circa 400 uomini del 2° Battaglione Leggero della Legione Tedesca del Re, al comando del maggiore George Baring, in larga misura provenienti dall'Hannover, Questa Legione, infatti, era stata costituita nel 1803 da re Giorgio III d'Inghilterra, che era anche Elettore dell'Hannover, quando le truppe francesi invasero quel territorio. Fedeli al loro sovrano, molti hannoveriani cercarono riparo in Inghilterra e si arruolarono nelle file della Legione (in sigla KGL), che ebbe un ruolo di rilievo in tutte le campagne del Duca di Wellington, in particolare in quelle nella penisola iberica tra il 1808 e il 1814 (qui di seguito le uniformi indossate dal 2° Battaglione Leggero nel giugno 1815).
In meno di cento pagine, frutto però di una dettagliatissima ricerca storica, Simms ricostruisce la storia del battaglione e le vicende che lo portarono ad essere, sul campo di Waterloo, veramente nell'occhio del ciclone.
Composto da uomini con una solida esperienza di combattimento e parecchie campagne alle proprie spalle, il battaglione oppose una tenacissima resistenza alle truppe francesi avanzanti e dovette abbandonare la difesa della fattoria solo quando il pomeriggio stava già scivolando verso la sera.
L'Autore descrive con maestria una lotta disperata, condotta in condizioni di assoluta inferiorità numerica, solo parzialmente mitigate dal fatto che, in quanto membri di un'unità di fanteria leggera, i soldati del battaglione erano abituati ad agire da soli e con grande spirito di autonomia, in buona misura affrancati dalle rigide regole che vincolavano i comportamenti della fanteria di linea.
Il quadro che ne scaturisce è quello di una lotta feroce, dove tutti paiono lucidamente consapevoli dell'importanza della posta in palio e dove uno spostamento di lato può essere la mossa che segna la differenza, per un singolo soldato, tra la vita e la morte, nel bel mezzo di una tempesta di proiettili. La descrizione è lucida, brillante, sempre molto tecnicamente accurata, per cui tanto il lettore digiuno di cose militari quanto quello esperto finiscono per sentirsi proiettati nel bel mezzo di una mischia feroce, dove si può vincere o morire, e dove la sopravvivenza pare rappresentare l'ultimo dei pensieri per tutti gli uomini coinvolti nello scontro, da una parte e dall'altra.
Nell'insieme un libro molto bello e coinvolgente, incredibilmente ben documentato e che può piacere tanto agli appassionati di storia militare napoleonica quanto anche ai profani, purché ovviamente in possesso di una buona padronanza della lingua inglese..
E' mia personale opinione che oggi non sia più possibile scrivere di storia militare se non che in forma così olistica, lasciando cioè ampio spazio alle esperienze e alle testimonianze dei protagonisti, onde evitare di produrre opere magari scientificamente molto valide, ma prive di quell'afflato umano che le nobilita e le rende più interessati anche per il lettore comune.
Piero Visani