sabato 1 agosto 2015

Divisione (inter)nazionale, Serie A


       Senza saperlo, mi iscrissi direttamente alla Serie B a meno di 15 anni, primavera 1965, quando aderii alla "Giovane Italia", l'organizzazione giovanile del MSI. Nel liceo di Augusto Monti e dell'azionismo militante torinese, non fu una scelta tatticamente (e strategicamente) felice.
       Nei decenni successivi, ebbi qualche occasione di risalire in serie A, quanto meno tra le squadre che lottavano per la retrocessione, ed ebbi anche qualche "generosa" offerta in tal senso, accompagnata dalle solite richieste di piccole abiure e del riconoscimento inesplicito della "naturale superiorità del sistema democratico". Sfortunatamente, ho un carattere assai difficile e, piuttosto che fare contento (anche solo intimamente contento) colui che reputo come un nemico, sarei disposto a compiere le peggiori nefandezze, anche a mio carico. Così mi astenni dalle abiure, proprio mentre decine di "camerati" salivano sui treni più diversi, senza nemmeno accorgersi - spesso - che anche quelli che apparivano più "dorati" erano in realtà parecchio "piombati".E, a gioco lungo, li avrebbero esposti a gigantesche figure di guano, per quanto temperate dai vitalizi.
       Nella mia ingenuità, ero contento di rimanere in serie B, sostanzialmente integro, disposto persino a giocare tutta la vita in campetti di provincia, onde salvaguardare la mia autonomia.
       Nella mia ingenuità, non sapevo che ci avrebbero pensato lo Stato italiano e l'UE a farmi precipitare progressivamente in C1, C2 e poi chissà dove. Tra l'altro, mi ostinavo a svolgere un'attività autonoma in un Paese profondamente statalista, per cui ero meritevole di ulteriori punizioni. Che puntualmente arrivarono. Guai ad avere l'ardire di distinguersi, nella democrazia totalitaria.
       Tuttavia, a me non è mai spiaciuto fare parte del cosiddetto Male. Avendo tutti i giorni sotto gli occhi il cosiddetto Bene, l'evitare di essere inserito in quella eletta schiera mi evitava terribili e reiterati conati di vomito.
       Non mi stupisco più di tanto, quindi, di fronte al silenzio interessato del cosiddetto Bene di fronte alla morte atroce di un bambino palestinese, "naturalmente" appartenente all' "Asse del Male".
       So bene che le guerre non sono un gioco e so anche meglio che le atrocità, in guerra, le commettono tutti, i miei amici non meno dei miei nemici. Ma ritengo che in questo dichiarato rifiuto di ogni forma di ipocrisia risieda una forma di gigantesca superiorità morale, da parte mia, perché non esistono i morti "buoni" e i morti "cattivi", con la naturale conseguenza che i secondi, in quanto appunto "cattivi", siano "meno morti" degli altri.
       Lo so che l'ipocrisia è una componente fondamentale per guadagnarsi l'assenso delle "anime belle", la cui naturale scempiaggine è più profonda della Fossa delle Marianne. Dico solo a queste "anime belle" che, a credere a queste panzane, di norma si finisce male, molto male.
       I bambini sono bambini - palestinesi, israeliani, iracheni, curdi, neri, bianchi, rossi e gialli. Sarebbe di gran lunga preferibile tenerli fuori dagli orrori di un conflitto e, nel caso ciò non dovesse accadere, ai fautori del "cosiddetto Bene" sarebbe utile chiedere un po' meno di ipocrisia nel far finta di nulla o nell'inventarsi patetiche scuse. Non ci si finisce, in serie B, per propria scelta. Ti ci mettono. C'è un "Herrenvolk", nel mondo, e non è quello voluto dai nazionalsocialisti... Se il secondo era deplorevole, il primo è bello?

                      Piero Visani