venerdì 12 agosto 2016

Exit Strategy

       Giorni di lavoro. Di riflessione. Di ponderazione strategica.
       La minaccia è gravissima e la questione è di vita o di morte.
       Tuttavia, in siffatti frangenti, occorre essere più che freddi, algidi, e pensare non solo al leniniano "che fare?", ma al modo migliore in cui farlo, infliggendo al nemico le perdite più gravi e le sofferenze più atroci, cioè quanto merita di più. Portarlo allo scontro esattamente come lui ha portato te e bearsi per eventuali schizzi rossi che dovessero prodursi.
       Pian piano il disegno emerge ed è frutto di una strategia ad incastro, sicuramente non facile da realizzare, ma provvista di una sua intrinseca e ben strutturata ratio.
       Il punto di partenza è che questo Paese non vivrà, nelle condizioni in cui versa, ancora a lungo, ed occorrerà gestire il suo collasso, collasso che ovviamente avrà luogo sotto la regia di un governo ancora più dittatoriale e statalista di quello attuale, il cui unico interesse e il cui solo obiettivo saranno quelli di deprivare qualsiasi cittadino non appartenente alla casta di tutti i propri averi, immobiliari e mobiliari. Servirà dunque una doppia strategia, in cui la prima dovrà essere utilizzata per coprire e al tempo stesso fare da scudo alla seconda.
       Ho cominciato a progettare e preparare le prime tappe, cui seguiranno le altre, ma non sono del tutto pessimista: stando alle valutazioni dell'Istat, intorno al 2065 (io non ci sarò ovviamente) in Italia la popolazione complessiva sarà di 64-65 milioni di abitanti, di cui tra il 24 e il 27% stranieri, giovani, non pensionati o nullafacenti come gli italioti, figli di culture assai diverse da quella cinica e compromissoria nostrana. Se mi interessasse la politica, guarderei a loro, sono il vero futuro di questo Paese e chi se ne assicurerà il consenso avrà un'ottima fanteria - non vecchia, non paurosa, non rassegnata - su cui contare. Molti sono figli di culture guerriere, perché dimenticarlo?
       Io sarò felicemente defunto, del resto ero uno dei figli de "la peggio gioventù", per cui nessuno mi rimpiangerà. Quanto a mio figlio, spero sarà già tornato su Marte. La sua parte di guano nel "migliore dei mondi possibili" l'avrà già assaporata fino in fondo e, proprio come in The Martian, potrà cominciare a cantare - con un minimo di speranza - I will survive.
        Entrambi, ciascuno a suo modo, avremo finito di soffrire: l'unica cosa che conosciamo di questa "amatissima" Terra.

                                  Piero Visani