"La festa appena cominciata è già finita", diceva il celebre incipit della "Canzone per te" di Sergio Endrigo. Mi è venuto in mente leggendo i commenti, tutti alquanto emotivi, relativi alla nascita del governo Gentiloni-Boschi. Da una parte, gli entusiasti della nascita del nuovo governo, preoccupati soprattutto (chissà perché?) di far notare come fosse stato esiziale il trionfo del No al referendum costituzionale, ma alquanto silenti su cosa sarebbe accaduto se avesse vinto il Sì (forse un colpo di Stato?). Dall'altra i disperati apologeti del No, i quali, non avendo ottenuto la luna nel pozzo (e come avrebbero potuto, stanti le premesse?), sostengono che la classe dirigente italiana avrebbe conseguito l'ennesimo trionfo.
Se non fossimo tutti condizionati da una forma di zapping intellettuale che è una diretta conseguenza di quello mediatico, dovremmo sapere che i tempi della Storia sono lunghi, forse più brevi di un tempo, ma ancora molto lunghi, e che la botta presa da coloro che si erano espressi in favore del Sì è stata non dura, ma durissima. Essi possono certo affermare - tutti trionfanti - che la vittoria del fronte del No è stata una "vittoria di Pirro", visto che dopo Renzi è arrivato subito Gentiloni, ma - con l'attuale ripartizione parlamentare degli schieramenti - chi sarebbe potuto arrivare?
In realtà, la partita è appena iniziata e tutti i giochi sono ancora da fare, ma certo il cosiddetto "fronte dell'antipolitica" è tutt'altro che sconfitto. Messi da parte i perbenismi, gli infingimenti e - ahinoi! - l'osservanza di precise direttive politiche provenienti dall'estero, i grillini farebbero bene a guardarsi un po' intorno, perché l'Italia che non ne può più di questi men che miserabili governi va molto al di là del loro attuale bacino elettorale. Ed essi dovrebbero interrogarsi su quanto possa essere utile continuare ad impegnarsi a far pseudo-rivoluzioni sulla falsariga delle direttive del CANVAS, oppure cercare di cominciare a fare davvero qualcosa di serio. Fino ad oggi, infatti, il M5S ha incanalato e di fatto represso le pulsioni libertarie degli italiani. Perché non scegliere infine un'altra strada, perché non puntare a rappresentare davvero, nel profondo, non il fronte dell'antipolitica, ma quello dell'antifurto, e cercare infine alleanze, tra tutti coloro che non ne possono più di questo sistema politico e non solo non ne traggono alcun giovamento, ma ne sono pesantemente danneggiati, al punto da dover emigrare per sperare di avere un futuro?
Le opposizioni, quelle non formali, sono di fronte a un quesito molto serio, ma non devono farsi guidare dalla fretta o dal nervosismo. L'attuale sistema politico italiano è finito: potrà durare ancora a lungo ma, quanto più durerà, tanto più seminerà dolore, disperazione e disastri. E questo - occorre essere cinici, in politica - sarà un VANTAGGIO per le opposizioni, non certo un danno. Ma non occorre avere fretta, il tempo è dalla parte di chi vuole cambiare: il Titanic del sistema politico italiano, guidato dai suoi tanti e inarrivabili Schettino, sta affondando sempre più rapidamente. Ovvio che la prima classe sprofonderà per ultima, ma chi ha affrontato la navigazione in seconda e in terza classe deve scegliere il timing giusto per salire verso il ponte più elevato. Quello è il vero e unico problema, e richiede lucidità, ponderazione, nessun nervosismo e un grande impegno a suscitare le energie migliori per creare una nuova classe dirigente, non fotocopie delle figure peggiori della Seconda Repubblica.
Piero Visani