giovedì 22 dicembre 2016

Strategia mediatica: la narrazione "terroristica"

L'evento
       La giornata volge verso la sera. Tutti contenti, migliaia di europei si avviano verso qualche forma di distrazione. Avessero un minimo di senso critico residuo, potrebbero pensare di essere immersi in qualche gestione dell'esistente mediante il ricorso ai classici panem et circenses. Ma sarebbere chiedere troppo... Così, felici della vita che conducono, immemori del fatto che mediamente lavorano 185 giorni su 365 per mantenere i loro affamatori e il "sistema di garanzie" che quegli stessi ingrassa, affollano gioiosi le "celebrazioni della Repubblica" o i mercatini di Natale, alla ricerca di qualche cianfrusaglia che li farà sentire "liberi, liberi" e appartenenti al "ricco Occidente".
       Il loro livello di attenzione al pericolo è zero. Che cos'è il pericolo? Che cos'è il senso del tragico? Se mai si fossero posti queste domande, non avrebbero eletto - per quanto eterodiretti e manipolati - i governi che hanno eletto. Ergo affollano i "luoghi di distrazione" e si può ben comprenderli: occorre dimenticare l'inferno luccicante e pieno di finti divertimenti in cui sono immersi ormai da decenni.

L'attacco
       Mercati, manifestazioni pubbliche, comizi, concerti, sono da tempo al centro dell'attenzione di chi intende portare "attacchi terroristici". Sulla reale natura di costoro non intendiamo soffermarci qui, perché dovremmo aprire una digressione troppo lunga. Diciamo che c'è qualcuno pronto all'attacco. Che sia un terrorista vero, uno fasullo, uno manovrato, un pazzo squilibrato o un manovale di vari servizi, segreti o meno, non lo sapremo mai.
       Sta di fatto che il livello di attenzione dell'europeo medio è prossimo allo zero, ma allo zero assoluto. Non conosce il conflitto; gli è stato detto, fin dalla scuola, che non ci saranno più guerre perché nel mondo ha ormai vinto il Bene Assoluto. Lui ci ha creduto, perché è bello credere al mondo delle fate, anche se è popolato da mostri e anche se i veri mostri sono quelli che lo comandano, non quelli che lo attaccano. Ergo si abbandona compiaciuto alle piccole soddisfazioni che ancora gli rimangono, come una passeggiatina o qualche acquisto, prima di tornare all'assolvimento dei molti doveri e dei molti adempimenti cui deve accingersi per mantenere ricca e potente la casta che lo domina. Alla disoccupazione, alla fiscalità da rapina, alla mancanza assoluta di futuro e a tante altre cose penserà poi, o forse mai.   
       E l'attacco arriva: imprevisto ma prevedibile, retto da modalità sempre alquanto simili, tendente al bersaglio grosso e indifferenziato, a colpire indiscriminatamente, facendo il maggior numero di vittime possibili, dato che - a tutt'oggi - la reazione dei più è semplicemente lo stupore. Del resto, nulla di sorprendente: chi è stato cresciuto nella fasulla cultura dell'amore assoluto e indifferenziato, dell'impossibilità di avere nemici, mai potrà pensare che ne esistano e, nel caso in cui dovessero manifestarsi, sarà già morto, ferito o psicologicamente vulnerato in maniera irrimediabile prima che si renda conto di quanto sta accadendo.

Il terrorismo mediatico
       Non appena l'attacco "terroristico" ha avuto luogo, prende forma il suo contraltare mediatico. Tutte le emittenti televisive (e non solo) interrompono i loro programmi abituali e avviano una serie di "dirette" che, in mancanza di qualcosa che vada al di là delle prime informazioni frammentarie, altro non sono che una iterazione ossessiva di notizie già note, dove il ritmo di aggiornamento delle medesime è infinitamente inferiore all'allucinante incalzare dell'iteratività.
       Qui siamo realmente al centro della dinamica terroristica, ma del terrorismo mediatico, non di quello fattuale. Lo scopo è evidente: seminare terrore nella popolazione ampliando a dismisura un evento, grande o piccolo che sia. Se è stato piccolo, tale evento diventerà grande; se è stato grande, diventerà enorme, il preannuncio dell'Armageddon.
       Passano molte ore, tutte immerse nella più feroce ripetitività, prima che si cerchi di dare una forma di interpretazione a quanto è accaduto. Cominciano così "le tavole rotonde" di "esperti" (spesso molto ma molto presunti...), il cui unico compito non consiste nell'intepretare i fatti, ma nell'inserirli come tessere di un mosaico all'interno di una metanarrazione già pronta.
       Vediamone rapidamente le principali componenti:
  • l'esperto politico-giornalistico: non dispone di alcuna competenza specifica sul tema e, se ce l'ha, la tiene accuratamente nascosta. Svolge però con diligenza il compito per il quale è lautamente stipendiato, che consiste nell'inserire ogni tessera del mosaico all'interno della creazione di un disegno preciso, quello per cui "l'evento è inspiegabile" e comunque "stanno attaccando il nostro sistema di valori". Da notare che scarsa o nulla è la preoccupazione di costruire un preciso identikit del "terrorista" (che pure sarebbe prezioso e che, le rare volte in cui viene soddisfatta, risulta deliberatamente fuorviante);
  • l'esperto di sicurezza: in genere proveniente dall'ambiente stesso della sicurezza, provoca un effetto raggelante su chi ascolta, specie se con un minimo di competenza specifica, perché o si trastulla con banalità dozzinali (genere: "se sentite sparare buttatevi a terra, naturalmente stando attenti a non farlo sotto un Tir...") oppure assume una dimensione "da crociato" francamente risibile, in quanto finisce per emarginarsi da solo, con il suo apparente desiderio di "menare le mani" contro il "nemico islamico", in un contesto incline solo a una visione totalmente pacifista;
  • il candido: il soggetto che è fermamente convinto di vivere nel migliore dei mondi possibile e che insiste che tutto deve continuare come prima, "perché solo così si potrà battere il terrorismo" (che si guarda bene dal definire come fenomeno, così come si guarda bene dallo spiegare come si potrà riuscire a battere il "terrorismo" continuando a fare assolutamente nulla).
Le interviste ai soggetti coinvolti nell'attacco
       Accuratamente sottoposte a "filtro" ideologico preventivo da parte dei media, esse si preoccupano esclusivamente di presentare al grande pubblico soggetti smarriti, magari contenti di essere sopravvissuti al fatto terroristico in sé, ma non animati da alcun spirito di reazione o vendetta. Anche se hanno perduto un figlio o una figlia nell'attacco, la loro visione politica "illuminata" non viene mai meno. Non cercano rivincite. Paiono contenti di aver sacrificato addirittura un figlio al mantenimento dei valori esistenti e per nulla preoccupati che, per la sopravvivenza di tale "encomiabile" sistema di valori, sia morto un loro figlio, non quello di un politico o di un rappresentante delle istituzioni (così, giusto per eguaglianza di opportunità...).
       Non uno, nemmeno a cercarlo, pare animato da istinti di vendetta o bellicosi. Tutti perfettamente calmi e controllati.

Le reazioni 
       Le reazioni politiche al fatto paiono ispirate al più perfetto gioco delle parti: i politici mainstream si appennano alla loro cultura, quelli populisti amano in genere lasciarsi inserire all'interno della cornice già preparata dai primi, con reazioni isteriche e sopra le righe, animate dal puro e semplice desiderio di raccattere qualche consenso elettorale in più. Nessuna analisi, nessuna recriminazione, nessuna ricerca di approfondimento. Solo reazioni isteriche, da neo-crociati, ispirate alla logica dei cani di Pavlov (molto adatta, per altro, al livello medio dei loro cervellini). Idem dicasi per la reazione della gente comune, che appartiene solo a due categorie: i benpensanti pacifisti (i più), i reattivi populisti e sovranisti (in genere scelti in modo che NON fuoriescano mai dall'immagine caricaturale di coloro che vorrebbero menare le mani per il semplice gusto di menarle e che guardano ad una rappresentazione caricaturale dell'Islam come i tori guardano a un drappo rosso).

Le indagini di polizia
       Il più delle volte, nonostante la crescente frequenza di questi eventi, le forze di sicurezza paiono non solo brancolare nel buio, ma neppure disporre di una rete di informazioni di base sulle galassie e le organizzazioni terroristiche esistenti all'interno di un Paese o a livello internazionale. Non poche delle persone che paiono avere partecipato attivamente a vari attentati sono arrivate in Europa con i flussi migratori, sono tutt'altro che prive di precedenti penali, sono state oggetto di provvedimenti di espulsione MAI eseguiti e, di fatto, hanno continuato ad agire del tutto indisturbate, fino al momento in cui non hanno organizzato un attacco terroristico.
       Dopo il medesimo (nel corso del quale hanno sempre dimenticato i loro documenti di identità sul luogo degli eventi, fatto la cui credibilità è pari a quella di vedere un asino che vola), spesso questi soggetti vengono uccisi sul posto, oppure dopo una breve caccia all'uomo da parte delle forze di sicurezza, oppure scompaiono nel nulla, insalutati ospiti. Rarissimi gli arresti, ancora più rari i processi pubblici, quasi del tutto inesistenti le informazioni su dove siano stati rinchiusi eventuali individui catturati, quali colpe stiano scontando, se e quando usciranno di galera.

Conclusioni
       A parere di chi scrive, tanto questa narrazione quanto la metanarrazione che la inquadra e la sostiene non reggono più, a meno che non si sia complici di chi l'ha organizzata o si sia totalmente stolti. Appare infatti del tutto evidente che, con premesse di questo genere, ogni attentato non è che l'anticipazione e il preannuncio di quello successivo e che, continuando a fare nulla esattamente come si sta facendo, ce ne saranno molti altri, anzi sempre di più. Potrebbe essere una manifestazione di impotenza, ma in realtà è molto di più: è una manifestazione di insipienza che evolve verso l'alto e diventa qualcosa di estremamente più sofisticato e complesso, un autentico messaggio sub-liminale che si articola come segue: "è vero che siamo classi dirigenti pessime, ma in fondo siamo solo ladri e grassatori, non assassini (e in verità anche questo non è così vero, anzi...). Dateci fiducia, almeno vivrete. Ed è proprio questo "almeno vivrete" la più gigantesca e folle menzogna che possa essere detta oggi agli europei: stretti tra ladri, grassatori e percettori, da una parte, e terroristi non si sa quanto autonomi e quanto eterodiretti (dall'esterno del Vecchio Continente o dall'interno...), si annuncia per loro un futuro pieno di soddisfazioni, di felicità e di... cortei funebri. Auguri!!

                                    Piero Visani