mercoledì 7 giugno 2017

L'uso del "voi"


       Mi affezionai all'impiego del "voi", nelle conversazioni tra le persone, in casa di mia nonna materna (Baptistine Cerise, da pronunciare ovviamente alla francese) ad Aosta, dove il "voi", nella seconda metà degli anni Cinquanta, era pratica corrente ogni volta che ci si doveva rivolgere a una persona degna di rispetto o, in una qualche misura, detentrice di un'autorità riconosciuta.
       Traendo vantaggio da un'infanzia deliberatamente "devastata" da un eccesso di letture, a nove anni comincia a rivolgermi a mia nonna con il "voi" (in italiano, in francese non ero granché bravo) e constatai che lei, dopo un primo moto di sottile sorpresa (mia nonna era un soggetto alquanto controllato), apprezzava il fatto che quel suo nipote notoriamente strambo e solitario le prestasse quel gesto di rispetto. Così, fino alla sua dipartita, continuai a rivolgermi a lei prevalentemente con il "voi", talvolta estendendone l'uso anche a mia madre, la quale però - carattere meno manierato - tendeva a prendere queste mie abitudini esclusivamente sul ridere.
       A tutt'oggi, più di mezzo secolo dopo, resto un grande estimatore del "voi", convinto come sono che la forma sia sostanza e che ciò che allontana nei rapporti sia di gran lunga preferibile alla falsissima dimestichezza dell'abusato "tu" e alla natura borghese e commerciale del "lei".
       Ho sempre amato dare del "voi" a signore che corteggiavo: se le avevo conquistate, era un bel modo per creare tra noi un codice di complicità, un modo per dirci, anche in privato, che ci eravamo capiti; se (ancora) non le avevo "conquistate", o se forse non ci sarei riuscito mai, quel "voi" a me pareva utile a creare una distanza che sarebbe stato mio compito abbattere e - come tale - diventava una sorta di fattore di stimolo, da abbinare a molti altri, per la conduzione di missioni possibili e - perché no? - anche impossibili...
       Ho sempre cercato di conferire eleganza ed estetismi all'esistenza, per elevarne il livello qualitativo, oggi - ahimè - terribilmente basso.

                         Piero Visani



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