Dopo una mattinata di vuote parole, di tentativi di piccole fregature da parte di uomini che sono anche più piccoli dei giochetti che tentano di allestire, è bello ritornare a scrivere, a dedicarsi alle cose che contano davvero.
Non mi riconosco più, ammesso e non concesso che mi ci sia mai riconosciuto, nel mondo in cui vivo. Più che mai, mi chiedo che cosa io ci stia a fare, e perché. Lo trovo orrendo, abominevole, infimo. Vorrei volare in alto, più in alto, ma con chi, ma dove? La maggior parte delle persone che conosco rappresenta spesso una terribile delusione, perfino per uno selettivo come me, sempre attento a selezionare solo i migliori. Nel lavoro, ho dei partner fantastici che mi supportano, ma nella vita, a parte il mio delizioso nucleo familiare?
Vado avanti per inerzia, in un universo di muti e sordi. Siccome parlare a me non serve ad alcunché, taccio e scrivo. Leggo. Penso. Credo di essere ormai approdato all'incomunicabilità totale. Nessuno mi ascolta, e questo non è un gran problema, ma, pur non ascoltandomi, pretende di interloquire con me, e questo diventa invece un enorme problema, perché, se la comunicazione non è bilaterale, non è dialogo, è monologo solipsistico. E io cosa c'entro con i monologhi altrui. Che poi, almeno per quanto mi riguarda personalmente, sono tutti uguali: "dovresti diventare così e cosà, dovresti fare questo e quello, dovresti essere diverso". Così ho pensato che, visto che faccio tanto schifo, è meglio che mi ritiri dal mercato, come le merci avariate o scadute. Che tale in effetti sono.
Guardo, osservo, sempre più distante, sempre più distaccato. Ormai ho compreso che io ho poco o punto a che fare con questo mondo e con molti dei soggetti che lo popolano. Ogni tanto, mi faccio travolgere dalle illusioni, credo di individuare persone con cui poter instaurare un dialogo, ma ogni volta incorro in una delusione superiore alle precedenti. E' meglio che taccia, tanto è del tutto inutile che io parli. Mi faccio solo del male.
Piero Visani
Nessun commento:
Posta un commento