Nel corso di tutta la mia vita, sono sempre stato costretto a giocare il ruolo del decisionista, dell'antipatico, di colui che tronca situazioni incancrenite. Non l'ho fatto volentieri, e non è nemmeno conforme alla mia natura. Io ambirei a portarmi dietro tutto ciò che ho vissuto, amato, gradito. Il problema è che, a differenza di molti, ho un orgoglio, un senso della dignità e un carattere molto spiccati. Se mi buttano via, prendo atto e me ne vado. Se mi insultano, reagisco. Amo il dialogo e accetto le critiche, anche aspre. Non gradisco invece le neutralizzazioni, quelle forme di deplorazione per cui uno soggettivamente fa schifo, ma oggettivamente può in genere essere salvato, magari per il rotto della cuffia o dalla porta di servizio, di norma perché può ancora servire...
La mia partecipazione alle cose che faccio è grande, e in genere entusiasta. Il mio distacco quando mi sento rifiutato, è totale.
Da qualche mese vivo un momento difficile, direi di transizione. So che cosa mi sono lasciato alle spalle e, anche se mi dispiace molto, so che non avrei potuto comportarmi diversamente, perché avrei gravemente vulnerato il mio orgoglio, la mia dignità e il mio senso dell'onore.
Non so invece che cosa ho davanti e forse per questo scruto nervosamente innanzi a me, alla ricerca di una bella novità. Dopo un lungo periodo di sofferenze, di patimenti, di contorsioni e persino di atti di umiltà (cosa per me inaudita, di fatto) compiuti per convincere l'altro della sincerità e disponibilità dei miei intenti, ora mi interrogo sul mio futuro. So che cosa ho perduto, e perché, e so di avervi deliberatamente rinunciato non solo per desiderio di ripicca e vendetta, ma anche per esasperazione e per volontà di non accettare oltre un ruolo sempre più residuale, che avrei potuto continuare a condividere solo se avessi inteso dare prova di un livello elevato di masochismo.
Più confusi sono i miei desideri attuali. Tuttavia, se dovessi stabilire un ordine di priorità, direi soprattutto una certa qual voglia di tenerezza, di una presenza molto femminile, comprensiva, accogliente, non programmaticamente o sub-liminalmente ostile agli uomini.
Non credo che la troverò, perché addirittura dubito che oggi esistano donne così, e in verità neppure la cerco, perché il mio animo è ferito e non vorrei passare altro tempo a profondere tutto me stesso per niente, o per rimediare mazzate.
Lavoro, mi guardo vivere, mi impegno in mille progetti diversi, fino al punto di stramazzare sotto il peso degli impegni che mi gravano addosso. Sento perfino la nostalgia di un incontro che a me pareva straordinariamente bello e che si è rivelato invece rovinosamente fallimentare. Tuttavia mi chiedo se quei flussi di adrenalina, quella straordinaria empatia, quei fulgidi momenti di idem sentire non possano ripetersi con qualche altro soggetto, più aperto, dialettico, anticonformista, libero.
Il fatto di essere stato molto sfortunato una volta non implica che lo dovrò essere sempre. Magari, prima o poi, riuscirò davvero a incontrare il mio archetipo femminile incarnato. Continuerò a cercarlo, a me piace sognare. Dopo tutto, la vida es sueño. Certe esperienze possono essere molto negative, ma io a sognare non rinuncerò mai.
Piero Visani
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