Parigi, 29 Brumaio, Anno IV
Mia cara Amica,
permettetemi di chiamarVi così, ma, dopo ieri notte, ogni altra definizione suonerebbe falsa e ipocrita.
Il nostro incontro a quattr'occhi è stato superiore a qualsiasi mia aspettativa. Vi sapevo donna libera e di grande carattere, ma non pensavo (permettetemi di dire: non speravo) che la nostra serata si sarebbe trasformata in nottata e che solo a mattina inoltrata, con i nostri sensi ormai placati, ci saremmo infine salutati.
Come è potuto avvenire, tutto questo? Se fossimo delle persone che ancora misurano se stesse sui valori e le ipocrisie dell'Ancien Régime, dovremmo condannarci per avere violato ogni principio morale. Ma che ce ne facciamo della morale, noi? La morale è per i deboli, per coloro che sono usi a vivere secondo le regole, mentre io fin da quando Vi ho conosciuta ho capito che, per Voi, non esistono regole che non siano dettate dalla Vostra capacità di amare, di nutrire passioni, di soddisfare i Vostri più intimi desideri.
La nostra serata - è vero - era iniziata in conformità alle più comuni norme sociali, ma ben presto ci siamo accordi che non riuscivamo a starne all'interno e che il fuoco della passione muoveva me verso di Voi non meno di quanto muovesse Voi verso di me.
A quel punto, avremmo potuto reprimere i nostri sentimenti e le nostre pulsioni. Tuttavia, perché farlo? Per quale ragione negarci o differire piaceri che potevamo concederci subito?
E' quanto abbiamo scelto spontaneamente di fare, con assoluta naturalezza, scegliendo di unire - oltre che le nostre anime, già potentemente unite - anche i nostri corpi.
La mia natura di gentiluomo mi impedisce di fare, per iscritto, commenti che risultino poco adatti agli occhi di una Signora, ma permettetemi di dirVi che non ho mai conosciuto una dispensatrice di amore che possa starVi lontanamente alla pari e che la notte che abbiamo appena trascorso insieme lascerà nel mio animo un segno indelebile.
Scrivo così, a caldo, meno di un'ora dopo che ve ne siete andata per fare ritorno alla Vostra dimora, ma il mio animo è in subbuglio, travolto da un coacervo di sentimenti e da lucide percezioni anche di carattere fisico, sulle quali - se me lo permetterete - sarò lieto di ritornare quanto il nostro livello di confidenza sarà ulteriormente aumentato.
Per ora, permettetemi di dirVi che sono estasiato da Voi e dalla Vostra avvolgente femminilità, e che non vedo l'ora di poterVi rivedere ancora.
Non ho ricevuto, per il momento, convocazioni dal Ministero della Guerra e dunque spero di poter rimanere ancora a Parigi, nelle prossime settimane, ma Vi prometto che Vi terrò adeguatamente informata al riguardo.
Ora Vi lascio alla cure dei Vostri figli, non prima di avervi nuovamente esternato i sensi del mio amore per Voi.
A presto rivederVi, mia cara Béatrice.
Corrispondenza pubblica e privata di un generale della Repubblica e dell'Impero è un racconto in forma epistolare scritto da Piero Visani