Correvano anni lontani, molto lontani. Mi ritrovai a presenziare a un concerto di Francesco Guccini con una giovane aristocratica di grande classe (ho sempre avuto un debole per la classe...). Non sapevamo molto, l'un l'altro, dei rispettivi orientamenti ideologici, ma certamente il mio - per varie cose che facevo all'epoca - era più evidente del suo.
Circostanze fortunate ci consentirono di trovare un posto nelle prime file, cosa di cui lei fu molto contenta. Il concerto filò via liscio e assolutamente gradevole, e solo nel finale prese una svolta più marcatamente ideologica, che toccò il suo culmine nella canzone di chiusura, la mitica "La locomotiva".
Non si era forse ancora conclusa la prima strofa, che tutti quelli che ci circondavano erano balzati in piedi sulle sedie e salutavano con il pugno chiuso. Io ovviamente - per un insieme di ragioni, compresa quella che tendo a non fare mai quello che fanno gli altri - mi astenni. Enorme fu la mia sorpresa quando vidi la giovane aristocratica balzare a propria volta in piedi sulla sedia (e dire che l'agilità non era propriamente una delle sue maggiori peculiarità), salutare anch'ella con il pugno chiuso e cantare a squarciagola le lodi di quella locomotiva "lanciata a bomba contro l'ingiustizia!".
L'imperturbabilità è una delle mie doti. Potrei essere un ottimo giocatore di poker e sul mio volto non si disegna mai nulla di ciò che penso davvero. Guardo, al massimo con ironia o compatimento, se del caso, ma di norma non ho reazioni facciali e nemmeno di altro genere.
A duplice esibizione conclusa, uscendo dall'arena dove il concerto si era tenuto, chiesi alla giovane aristocratica le ragioni di quella sua autentica esplosione ideologica ed ella mi fece notare, con altero distacco, che nobiltà di sangue (la sua risaliva al 1518) e proletariato non possono che essere naturalmente alleati contro le degenerazioni borghesi, frutto di una concezione economicistica e volgare dell'esistenza. Le chiesi cosa la rendesse sicura che quel "treno di signori" fosse pieno di borghesi e non di nobili, e lei mi rispose semplicemente "lo sento", e aggiunse: "e poi un nobile avrebbe usato la carrozza, non un vettore così cheap come il treno...".
Riflettei su questo divertente episodio per molto tempo, e con il passare degli anni sono giunto alla conclusione che, se è alquanto dubbio - a mio giudizio - che l'aristocrazia di sangue potesse nutrire tutte le virtù che la mia gradevole accompagnatrice le attribuiva, non sussiste comunque dubbio alcuno sul fatto che l'aristocrazia d'animo tenda più facilmente a riconoscersi in alcune millenarie doti popolari che non nell'ossessione borghese per il denaro, la "roba", la carriera, lo status, etc. etc.
Ho scritto questo perché non c'è nulla che mi diverta di più della definizione di "rossobruno", che mi arriva addosso sempre più spesso e che comunque considero un colore preferibile al "marron-guano" di chiara derivazione borghese. Poi - com'è ovvio e com'è giusto - à chacun son goût.
Piero Visani