Sono almeno 25 anni - un quarto di secolo! - che i governi italiani, di qualunque segno e colore, continuano nelle stesse politiche di intervento vessatorio per tamponare i disastri che hanno compiuto, tassando a destra e a manca, e portando a compimento l'unico obiettivo chiaro che abbiano: distruggere definitivamente questo Paese.
Quello che mi meraviglia assai, però, è che siano pochissimi - e ovviamente emarginati e segnati a dito - coloro i quali hanno il coraggio di dire che, in presenza di un collasso totale di quello che un tempo era un Paese relativamente prospero, forse varrebbe la pena di smetterla con l'accanimento terapeutico e mettere questo Stato penoso in liquidazione fallimentare, vale a dire l'unico destino che merita e si è meritato.
Sarà che ho un'ottima memoria, sarà che ricordo molto bene le offese che ho subito, ma è una vita che stiamo facendo le stesse cose con gli stessi risultati: nulli. L'Italia è andata a fondo e c'è sempre un prezzo da pagare. In buona misura, è giusto che sia così, perché siamo noi che abbiamo tollerato e continuiamo a tollerare questa banda di assoluti incompetenti, però è un film già visto talmente tante volte che dovrebbe essere venuto a noia persino a un demente. A noi, invece, no: e continuiamo a parlare con sussiego di raddrizzamento dei conti pubblici (invece che soffermarci su come si sia comportato in materia il governo Renzi); di politiche di risanamento; di manovre e manovrine, quasi che ciò che è fallito per decenni possa, come per incanto, rivelarsi efficace domani. Siamo praticamente di fronte a rosari di banalità malrecitate, in cui non crede nessuno, tanto meno quelli che li recitano.
L'unica speranza - a questo punto - è il default, il collasso più totale, non tanto per ricominciare da capo, ma per chiudere definitivamente, e senza alcun rimpianto, la finzione di un Paese che non esiste più da chissà quanto tempo e che ha mantenuto, come Stato, la sola funzione di depredarci fino all'ultimo euro. Quella è l'unica funzione che riesce a svolgere benissimo. Come cantava Mina, giunti al punto in cui siamo, "l'importante è finire". Se si prenderà atto di essere morti, ci si potrà acconciare alla nuova condizione, ma, se l'assurda finzione di esistere si dovesse protrarre, saranno inutili sofferenze, per nulla, per di più.
Piero Visani