Sono a conoscenza di tutti i pregiudizi che corrono a carico di Theresa May, del ruolo britannico nella storia del mondo, etc. etc. Non intendo contestarne alcuno, perché li ritengo fondati. Guardo però al momento storico che stiamo vivendo e nel quale - ahimè - sono profondamente immerso anche io. Vedo un Eurolager a palese dominazione tedesca, un'ipotetica "Gerussia" di cui ancora devo capire i lineamenti, e poi vedo atti concreti. La Brexit è uno di questi e, comunque la si giudichi, è un atto rivoluzionario. E' la rivoluzione di chi ha compreso che non l'Europa ma questa Unione Europea non porta da alcuna parte, se non al collasso più totale delle sue classi medio-basse e al declino inarrestabile del Vecchio Continente.
E' già partito da tempo il "si salvi chi può!", ma, a parte le formazioni politiche populiste, molte delle quali non sanno e non vogliono andare al di là dell'ostilità alle correnti migratorie, non c'è stata quasi nessuna risposta attiva a livello di governi.
Su questo sfondo, la Brexit è stata una semplice uscita, fatta magari sbattendo la porta, ma le analisi che conducono alle solite teorie sul Regno Unito come 51a stella degli USA non dicono tutto, non ricordano le incomprensioni di vecchia data e le rivalità che esistono tra i due Paesi. Certo, un'Europa unita, capace di candidarsi a soggetto politico in un mondo multipolare, sarebbe la soluzione di gran lunga preferibile, ma un'accolita di burocrati e di politici di quart'ordine, al soldo di tutti i potentati della finanza internazionale, quelli che hanno fatto dell'Europa "un [ex]gigante economico, un nano politico e un verme militare", hanno la possibilità di dire qualcosa di serio e sensato in tal senso?
Al momento, paiono tutti intenti a cantare alcune strofe della celebre canzone di Rod Stewart:
Oh Maggie I wish I'd never seen your face
ma questa risibile presa di distanze sta solo ad indicare che NON hanno una politica nei confronti di una leader che pare avere, a differenza loro, una certa consistenza, visto che, pur essendo stata favorevole al "remain" nell'UE, una volta diventata primo ministro si è preoccupata solo di interpretare al meglio la volontà dell'elettorato e di scegliere l'unica strada che rimane al Regno Unito per avere ancora qualcosa da dire al resto del mondo: una rotta di collisione nei riguardi di tutte le follie in cui è immerso l'Eurolager. Dunque agevolazioni fiscali ad ampio spettro, riduzione delle tasse, ripresa di fiducia nel settore secondario (quello dell'industria) e non solo cieca fede nel terziario, potenziamento delle capacità di proiezione globale della Royal Navy, con il varo di due grandi portaerei da oltre 72.000 tonnellate. Una Gran Bretagna globale per un mondo multipolare.
Pragmatici come sempre, gli inglesi sono consapevoli da secoli che, in un mondo multipolare, si sopravvive facendo affari, incrementando i commerci (e non la fiscalità di rapina) e dotandosi di una solida capacità militare, che David Cameron (il Renzi locale), aveva ridotto sotto ogni accettabile limite, suscitando le veementi proteste degli ambienti militari.
Ma non c'è solo questo, perché - come illustrano con chiarezza John Milbank e Adrian Pabst nell'ultimo numero (il 75) di "Aspenia" - Theresa May sta prendendo anche nettamente le distanze dal liberalismo cieco e affamatore, per puntare verso un'economia più etica, di natura meno societaria e più comunitaria, allineandosi per certi versi ai principali portati dell'economia fondamentale, teoria che non per nulla è nata nel Regno Unito per denunciate le storture del liberalismo capitalista più speculativo.
Non è un elogio acritico, il mio. E' la semplice sottolineatura dell'importanza - in politica come in qualsiasi altra cosa - di non rimanere passivamente legati a un sistema politico-economico che non funziona. L'Eurolager non funziona, salvo che per la Germania e qualche suo manutengolo. Per il resto dell'Europa è un autentico disastro. Ergo: o cambiare o perire. La Gran Bretagna di Theresa May l'ha compreso e si sta muovendo per vedere se, almeno essa, riuscirà a salvarsi dal collasso europeo prossimo venturo. Legittimo criticarla, ma impossibile non capirla: nessuno si vota deliberatamente alla morte, a meno che non sia o stolto o complice o suicida...
Piero Visani