Ricevo dalla "Libreria militare" di Milano una mail dedicata al necrologio di un noto fotoreporter di guerra. Essa si chiude con un "Requiescat in bello" che mi illumina di immenso, che mi colpisce con il suo splendore. Immersi come siamo nella più abominevole temperie di banalità riduzionistiche e "buoniste", colgo nitidamente il sublime che accompagna la scelta di augurare a un guerriero la possibilità di riposare come e dove avrebbe sempre voluto, non come avrebbero voluto la cultura dominante e le sue melensaggini.
Sì, requiescat in bello, senza le banalità, le gabelle e i furti legalizzati della vita quotidiana; requiescat in bello in un mondo dove, se tentano di deprivarti e depredarti di tutto, tu possa cercare di difenderti, di ucciderli se del caso e di morire se non avrai successo. Un mondo semplice e al tempo stesso molto complesso, dove non ci siano leggi inutili e diritti superflui a tutelare i ladri, gli speculatori, i sodomiti (della politica, non del corpo). Dove si possa combattere pro aris et focis, senza dover passare la propria vita a subire le leggi di ladri ammantati di moralismo.
Se avrò una tomba (ma comincio a dubitare di averne necessità, meglio sparire quanto prima), mi piacerebbe cancellare la vecchia iscrizione da me preferita ("La tragedia di un uomo ridicolo") e sostituirla con "Requiescat in bello". Vissuto nel bel mezzo del pattume umano e ideologico demo-liberal-socialista, potrò magari divertirmi nell'aldilà, dopo le tonnellate di purissimo guano ingoiate a forza nell'aldiquà.
Piero Visani