A volte ci si immerge in uno scontro senza rendersi bene conto della posta in palio.
A volte un nemico astuto ti attira in una trappola e lo fa con tale maestria che, quando ti accorgi dell'inganno, è già tardi.
A quel punto, però, perché tirarsi indietro? Per quale ragione fuggire? Quando la situazione è disperata ed è lo stesso nemico a cercare di indurti alla ritirata, a lasciarti delle vie di fuga perché tu ti possa ritirare in buon ordine e non farti mai più vedere oppure accettare passivamente la condizione di servaggio cui eri stato predestinato, non c'è nulla di meglio, per il guerriero esistenziale, che decidere di alzare la posta e non andare indietro, ma avanti. Il rischio è altissimo, ma il tuo atteggiamento disorienta almeno in parte il nemico e rompe i suoi giochi. Il nemico si aspettava che adottassi un comportamento A, perché quello avrebbe confermato la sua assoluta primazia, e invece tu decidi di fare Z, perché quello non ti salverà dalla sconfitta, ma ti inciderà nella memoria, tua e sua.
Avresti voluto uscire di scena come uno stupidotto qualunque, uno di quei cicisbei borghesi che adornano i salotti delle (presunte, molto presunte...) gran dame? No, mai, ti sei giocato la tua partita. Era perdente, certo, fin dall'inizio, e neppure speravi di rovesciarla, ma giocarla ti faceva un gran bene, perché giocavi fuori dagli schemi del nemico e potevi anche tu fare molto danno, non meno, e forse più, di quello che era stato deciso di fare a te.
Così, il tuo amore per la guerra e la storia militare ti ha fatto ricordare che "dopo una battaglia impossibile vinta, non c'è niente di meglio che una battaglia impossibile persa", cosparsa di vittime che, se ti fossi ritirato subito, non avresti mai potuto infliggere al tuo nemico. Hai il cuore che sanguina, nell'allontanarti dal campo di battaglia, ma la tua spada sanguina ancora di più, e non è solo sangue tuo...
Piero Visani