In una città con cultura monolitica che fa impallidire la Corea del Nord, dove non puoi fare nulla di nulla se non appartieni all'accoppiata "Famiglia Agnelli - PD", ma dove puoi fare addirittura intraprese come Grom se hai il "booster" iniziale "giusto" e le coperture mediatiche utili a sottrarti a qualche piccolo incidente autostradale..., suscita un'ilarità più che irresistibile il fatto che il Consiglio d'Amministrazione della Fondazione del Salone del Libro, appena uscito da uno scandaletto relativo a cifre di visitatori gonfiate e relativi finanziamenti non meno gonfiati..., cancelli con atto "nobilissimo" l'invito all'Arabia Saudita ad essere ospite d'onore al prossimo Salone del 2016 con la motivazione che "il Salone non invita culture di regime".
Sto ancora ridendo e ancora di più mi viene da ridere pensando che molti torinesi (che sono coglioni di loro, dai tempi dei Savoia) ritengano la loro città un esempio di democrazia. Se il loro concetto di democrazia è quello di Kim Jong-un, leader supremo nordcoreano, certo non sbagliano, visto che qui in riva al Po è solo dal 1945 che si vedono le stesse facce e si sentono le stesse menate. Però dare lezioni ai sauditi sulla "cultura di regime" è davvero fantastico.
Mi immagino le "madamine", dai caffé storici al Circolo del Whist (più correttamente denominato dai modernisti "Circolo del Twist"...), leggere "La Stampa" (altre testate non sono ammesse...) e compiacersi per l'atto "nobilissimo" compiuto contro la monarchia saudita, per di più imparentata con quel terrorista di Osama bin Laden, e commentare il tutto il pomeriggio con le altre "madamine" e la sera con i mariti, questi ultimi alti dirigenti della FCA o del "sistema PD" che controlla Regione, Provincia, Comune e ogni tipo di attività della città.
I regimi e le relative culture - si sa - sono sempre altrove...
Torino è una città bella, esteticamente, ma orrenda eticamente. A meno che non si voglia pensare - e potrebbe essere anche vero - che costoro ritengano sul serio di essere liberi e democratici. E lo sono, esattamente come lo è Kim Jong-un. Capirlo è chiedere troppo, vero...?
Piero Visani