E' singolare come, in alcune banche che non hanno superato lo "stress test" dell'Unione Europea, in queste settimane sia tutto un fiorire di nuove fondazioni e di iniziative "caritatevoli": mostre, iniziative in favore dei "diversamente abili", e via discorrendo.
A parte la natura di queste iniziative - chiarissima a chi non sia una patetica "anima bella" - giova altresì notare come queste siano davvero molto "caritatevoli", visto che in genere la cura delle medesime, o la stesura dei cataloghi o la realizzazione delle fotografie (se si tratta di mostre) siano in genere affidate a figli, parenti o affini di consiglieri di amministrazione (presenti, passati o... futuri) delle banche stesse.
Nulla da dire, visto che la carità fatta a se medesimi e ai propri cari (termine da intendersi in senso lato) è la più diffusa tra le carità italiane...
Non è un'affermazione generica, la mia: si consiglia di sottoporre alcune delle iniziative "caritatevoli" più recenti delle banche testé citate a un'attenta disamina: si scopriranno parentele, contiguità e affinità decisamente interessanti... Alcune anche da denuncia, ma chi potrebbe voler colpire la "virtù"...?
Niente moralismi, ovviamente: fare la carità a se stessi e ai propri cari è legittimo. Non so quanto nobile e neppure quanto sociale, ma legittimo: dallo "stiamo lavorando per voi" al solito "stiamo lavorando per noi"!
Anche questa è una forma di "diversa abilità", del genere "me la canto e me la suono".
Mi chiedo se i protagonisti di queste patetiche farse si sentano anche "migliori" dopo aver compiuto questi "nobili gesti". E, avendo avuto la sfortuna di conoscerne alcuni, direi proprio di sì: talvolta sono talmente stupidi (o talmente falsi) da non saper distinguere tra carità vera e carità pelosa. Per loro, infatti, si identificano...
Piero Visani
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