Credo che chiunque abbia assistito, domenica pomeriggio, a Italia-Francia di rugby potrà dire ai nipoti, se e quando ne avrà, "c'ero anch'io".
Ci sono in effetti momenti, nella storia di una persona, di un popolo, di uno sport, di qualsiasi vicenda umana, individuale o collettiva che sia, che sono momenti di svolta e che, nel momenti in cui li si vive, si percepisce nitidamente di essere parte della Storia che si sta facendo.
Domenica pomeriggio, assistendo con trepidazione al match italo-francese, mi sono sentito parte di quel flusso, ho capito che il rugby italiano stava scrivendo una pagina fondamentale della sua storia. Non più una squadra tremebonda, piena di buona volontà e anche di passione, ma costantemente penalizzata da gravi errori tecnici e tattici, bensì una squadra vera, nuova, conscia della propria forza e finalmente esente dai tanti limiti tecnici, fisici e caratteriali che l'avevano limitata in passato.
Alla fine, dopo un tentativo di meta francese arginato con la forza della disperazione, ho capito di aver assistito a un match che resterà nella storia del rugby italiano.
Un'unica nota stonata, non da poco: oltre 300 ex-rugbisti italiani di vario livello hanno assistito alla cerimonia degli inni. Tutti hanno cantato con partecipazione l'inno di Mameli, ma non uno, nel farlo, si è sentito in dovere di togliersi il cappello (e ce l'avevano tutti)... Fare la Storia va bene, ma se si riuscisse a farlo con stile, andrebbe ancora meglio...
Piero Visani
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