Sono da sempre convinto che le svolte, nella vita di una persona, arrivino all'improvviso. Certo, c'è una maturazione dei fenomeni, ma l'evento epocale, il momento di cambiamento, non è una dinamica, un processo, è un atto. Ha una data, è ricollegabile a qualcosa di preciso, ha un "prima" e un "dopo".
Quando, il 26 giugno 2012, sono stato scaraventato garbatamente in un cassonetto della spazzatura (in realtà, la destinazione era diversa e più umiliante, ma non voglio essere volgare), ci ho messo più di un mese a prenderne atto e a reagire. Poi, quando la mia reazione ha determinato una rottura totale, ci ho messo parecchio tempo a comprendere come si potesse passare tanto rapidamente e con tanta naturalezza, per così dire, "dalle stelle alle stalle".
Le lunghe riflessioni, tuttavia, non rappresentano soltanto un' "elaborazione del lutto". Sono anche analisi, verifiche, indagini, a conclusione delle quali ci si sente pronti per andare oltre.
Da qualche settimana, mi sentivo tale. Stamane mi sono alzato pensando che occorreva una frattura netta con il mio "prima" e con gli strascichi e le ferite che ha comportato. E siccome sono di natura altissimamente decisionista, ho capito che era tempo di una svolta. Netta, totale, radicale. Gettarsi alle spalle un cattivo passato. Gettarsi alle spalle le ferite, le attestazioni di disistima, i silenzi, le offese, gli sgarbi. Non c'ero riuscito, fino ad oggi, probabilmente perché non mi sentivo ancora pronto.
Stamane mi sono sentito pronto, ho sentito che potevo davvero andare oltre. E ho pensato a quale fosse il modo migliore per farlo. L'ho trovato rapidamente, perché da un po' di tempo ci stavo pensando su. Ho fatto una telefonata e...
Ma di questa cosa non racconterò altro. E' una vicenda privata, privatissima. Mi è sufficiente dire che va oltre, non indietro, e con nuovi protagonisti. Com'è giusto (e tempo) che sia.
Piero Visani
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