Non avrei mai creduto che, nel giro di un anno o poco più, e pur con qualche "incidente di percorso", la mia società sarebbe arrivata dove è oggi, cioè al punto di intersezione di trattative, relazioni e settori che ogni giorno si fanno più ampie. Una serie di sviluppi che sono andati al di là delle più rosee prospettive e continue conoscenze, convergenze e contatti che ci rendono ogni giorno più potenti e naturalmente anche più determinati.
Il carico di lavoro da sostenere è terribile: si comincia il mattino presto e si finisce la sera tardi. E ci vuole un "fisico bestiale", per farcela. Sfumano sullo sfondo le distinzioni tra "tempo di lavoro" e "tempo libero". Già non le ho mai praticate granché, ma ora mi sono quasi ignote. Il rischio - molto concreto - è quello di sottrarre tempo alla lettura, alla riflessione, alla meditazione. Travolti dalla massa di cose da fare e dalle urgenze da sbrigare.
Qualcuno potrà pensare che è uno sviluppo molto positivo, per me, perché così ho meno tempo da dedicare a me stesso. Ma non è vero, perché non ho nulla di cui spaventarmi o da dimenticare. Ormai sto "storicizzando" tutto e, quando uno storico "storicizza", è perché è ben consapevole di essere entrato in una fase nuova. In effetti, tale è per me e, anche se il lavoro mi assorbe per gran parte, resto lucido, attento, iperpercettivo.
Mi guardo attorno, ma non nel senso che sono alla ricerca di nuove compagnie femminili, bensì perché penso che, in questa fase della mia vita, errori in ambito lavorativo non siano più possibili e dunque occorra essere estremamente attenti, determinati, precisi, pronti a cogliere ogni opportunità.
Ho chiaro in mente l'ordine di priorità degli obiettivi che la mia società è chiamata a conseguire e sono molto contento di come, nel giro di pochi mesi, la sua capacità di fungere da polo di attrazione stia aumentando e, con essa, stia crescendo il numero di coloro che si avvicinano a noi, chiedendo di diventare soci, oppure limitandosi a proporre una semplice partnership esterna. Il che mi riempie di soddisfazione, anche perché qualcuno di questi personaggi è decisamente prestigioso.
Personalmente, mi sento stanco e stressato. Ma ho sempre e solo chiesto adrenalina, alla e dalla mia esistenza; dunque non posso lamentarmi. Mi auguro soltanto che il fisico mi regga. Sono infatti certo di poter sostenere qualsiasi stress sul piano nervoso; meno sono certo di poterlo fare sul piano fisico, perché è vero che non mi pare di sentire mai il peso degli anni, ma è altrettanto vero che le mie tradizionali patologie da stress stanno tornando a galla: colon irritabile, insonnia, difficoltà digestive ed epatiche.
In ogni caso, questa è la battaglia e i "guerrieri esistenziali" non sanno che farsene delle paci, ben consapevoli di quanto sia micidiale - e traditore - le répos du guerrier. Come tutti coloro che amano veramente la mischia, mi ci butto dentro con il sorriso sulle labbra, ben conscio del fatto che è il destino che ho sempre cercato. Non voglio vivere in eterno. Voglio essere me stesso, sempre e comunque, a qualsiasi costo. Il lavoro non ripaga certo dalle delusioni e dalle incomprensioni umane, ma impartisce un insegnamento fondamentale: dopo una guerra, vinta o persa che sia, ne viene sempre un'altra, e poi un'altra ancora. Il "guerriero esistenziale" lo sa, e sorride. Quello che agli altri fa infinita paura, per lui è piatta normalità, e fonte di gioia. La guerra, la sola igiene del mondo, la mia igiene personale. Là dove posso applicare il mio senso dell'onore. Gli amanti della "pace eterna" certo dissentiranno, ma io sono sempre e comunque "politicamente scorretto". Le banalità mi annoiano. Dico quello che penso e credo davvero, e vivo in base ai miei principi. Se faccio paura, me ne scuso. Ma questo sono io. Non cambio, e vado avanti da solo. Il mio onore si è sempre chiamato fedeltà, fedeltà a me stesso. Questo può fare orrore a tanti. A me no.
Piero Visani
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