Negozi chiusi, ma non per ferie. Per cessazione di attività da morte economica e fiscale.
Strade semivuote, da calura.
Un'umanità dolente, alla quale l'afa fiacca uno spirito già provato. Gli sguardi sono vacui, puntati verso l'infinito, come se anche il clima, insieme a tutto il resto, fosse diventato una maledizione.
Si vaga, in questa bollente mattinata di luglio, da un ufficio pubblico all'altro, nella più assoluta insensatezza.
Nessuno protesta. Gli occhi sono spenti. Decenni di macelleria sociale programmata, deliberata, scientemente perseguita, hanno annientato ogni volontà reattiva.
In un Paese dove non è mai esistito uno spirito pubblico, ciascuno pensa per sé, sperando di riuscire a fare il miracolo: chi praticando l'ennesimo atto di sottomissione, chi cercando la fuga all'inglese, chi facendo il proprio "dovere di cittadino".
Il clima - non quello meteorologico - è da basso impero. Il sentimento è da "i barbari sono alle porte".
Molti di questi presunti "barbari" si aggirano per questi uffici, incapaci - al pari di noi - di trovare una ratio al loro vuoto agitarsi in questo trionfo dell'insensatezza di Stato.
Gli occhi dei più intelligenti di loro sono vivi, attenti. A volte puntano i miei e li trapassano come raggi X. Cerchiamo di capirci. Quegli occhi forse si chiedono se i miei sono gli occhi di un nemico, ma i miei non lo sono.
Guardo questi giovani appartenenti a molti Sud del mondo, li scruto con interesse. Alcuni sono molto diffidenti, altri meno. Nessuno però è rassegnato o vinto o spento come i connazionali che mi circondano. Lo sguardo è altero. Non sono ancora servi né apparentemente disposti a diventarlo. Non subito, non senza combattere.
Come si può considerarli nemici? Sono estranei, certo. Non vengono da questi luoghi, ma hanno una fierezza e una volontà di combattimento che noi abbiamo perso probabilmente dal 1945, senza più ritrovarle.
Non li sento nemici. Magari loro mi considerano tale, ma io non considero tali loro. Sono una delle ultime opportunità che ci rimangono. Sono disperati, esattamente come molti di noi, esattamente come lo sono io. Non hanno nulla da perdere, esattamente come non ne ho io. Mi travolgeranno? Possibile. E i miei "fratelli bianchi" che cosa hanno fatto, di me e per me? Mi hanno distrutto - consapevolmente, scientemente - insieme al mio Paese.
Dovrei aver paura di loro? No. Loro sono un'opportunità, una splendida opportunità, se per una volta, almeno per una volta, non ci facciamo scegliere il nemico da chi ci odia e ci vuole ancora più ridotti in schiavitù di quanto siamo già, oppure aizza i più ingenui di noi per farne le sempiterne "guardie bianche" di un potere altrui. Se non fosse una storica maledizione di totale insipienza che ci portiamo dietro da decenni, sarebbe già nata una naturale alleanza. I proletari di tutto il mondo - o se vogliamo chiamarli, con termine più moderno, underdog - non hanno oggi altra speranza se non quella di unirsi. A meno che - in un atto di suprema stupidità - non vogliamo continuare a considerarci un "popolo ricco", uno di quelli che deve difendere il suo "benessere" da sguardi vogliosi di preda. Allora mi permetto un piccolo consiglio: girate in certe periferie e in certi centri storici italici, per vedere quanto siamo ricchi. Guardate quello che vi rimane in tasca dopo aver fatto le quotidiane corvées nei riguardi della classe politica e delle burocrazie, per vedere quanto siete ricchi e per chi state in realtà lavorando...
Piero Visani
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