martedì 7 luglio 2015

Scene di vita in una democrazia europea

       Mattinata di oggi. Centro di Torino. Sono in visita a un parente alla lontana, più vicino ai cento anni che ai novanta. Li porta benissimo: lucido, scattante, quasi atletico. E' un ex-ardito. Ne ha viste tante. Lo assisto perché non ammetto che si possa dimenticare chi ha combattuto per la Patria.
       Sono circa le 10 e questo vecchio signore, dapprima tranquillo e sicuro di sé, comincia a innervosirsi. Sa che neppure l'attuale versione della Patria lo ha dimenticato e si inquieta, forse anche a causa del caldo.
       "Tu noi sai quante raccomandate io riceva dall'INPS e da Equitalia" - mi dice - "e, ogni volta che è l'ora che arrivi il postino, mi viene l'affanno".
       Un po' mi viene da sorridere, un po' mi arrabbio. Già Beppe Grillo ha costruito un bello sketch elettorale sul momento in cui, a un italiano medio, arrivano delle raccomandate.
       Gli dico: "ma no, dai, vedrai che questa mattina non arriverà nulla" e vengo prontamente smentito, perché quasi subito suona il campanello.
       Rispondo io e l'esclamazione - a mio parere sempre un po' intrisa di sadismo - del portalettere è la stessa: "Raccomandata!".
       Il vecchio combattente si inquieta. Quando era ardito, si faceva le sue ragioni con pugnale e bombe a mano, ma ora? Sono certo che ne avrebbe la stessa voglia, ma il fisico non c'è più.
       E' nervoso, si aggira per il corridoio, dietro l'uscio, fino a che il portalettere non arriva al piano. E' una raccomandata, l'ennesima, dell'Agenzia delle Entrate, relativa all'eredità lasciatagli da qualche parente, con la puntuale richiesta di qualche migliaia di euro. Il classico fuoco di saturazione con cui un regime morente cerca di recuperare qualche spicciolo a spese dei più deboli.
      Il vecchio combattente cerca per un po' di resistere, ma poi crolla e piange: "Se avessi saputo che sarebbe finita così - mi dice - avrei combattuto per il nemico".
       Che posso rispondergli? E' ovvio che sono totalmente d'accordo con lui, ma se glielo dicessi, probabilmente lo ferirei ancora di più.
       Lo lascio sfogare. Qualche minuto di lacrime nervose, poi il vecchio combattente riemerge, sconfitto ma non vinto.
       "Che posso fare?" - mi chiede - "quei soldi non li ho".
       "Mica dobbiamo pagare" - lo tranquillizzo - "faremo verifiche e ricorsi". 
       Per un po' pare rianimarsi, poi crolla: si accuccia in un angolo e piange senza riuscire a contenersi, in posizione quasi fetale, diventando sempre più piccolo e fragile.
       Mi sale dentro una rabbia feroce, meglio che non incontri a breve un politico o un burocrate, potrei fare un errore (nell'accezione talleyrandiana del termine...).
        E' un uomo di El Alamein, per cui gli ricordo l'anniversario della prima battaglia, quella del luglio 1942. Si rianima e si lancia in un lungo racconto di attacchi e ritirate, e di ritirate in cui si scopriva, imboscato da qualche burocrate, tutto quel materiale che mancava disperatamente ai soldati che guardavano in faccia il nemico in battaglia.
         Mi rattristo, più che emozionarmi; penso alla vendetta, più che alla tristezza. Esco un attimo a comprargli qualche libro sulla battaglia, per tirargli su il morale. In parte ci riesco, è contento, ma di colpo mi chiede: "ma tu come le chiameresti un sistema politico in cui si vive come viviamo noi oggi?"
        "Avrei tanti nomi da dirti, ma quelli che lo apprezzano lo chiamano democrazia e sostengono che sarebbe anche il meno peggio di tutti". 
       "Ma una volta non dicevano che era il migliore?" - obietta lui, di colpo ringalluzzito - "Sì, ma ora hanno smesso di farlo", replico io. "Un po' di comune senso del pudore paiono ancora averlo".
       Mi guarda sconsolato e mi dice: "Ora vai pure, so che hai molto da fare".
       Lo saluto. Recupera la sua fierezza e si drizza in piedi per quanto può.
       Esco, nella calura dello sfacelo di una società in dissoluzione.
       Non riesco a nutrire altro che odio per essa. Spero di riuscire a trasmetterlo a tutti quelli che vorranno raccoglierlo. Saranno i miei eredi, e non sono sicuro che Equitalia riuscirà a colpirli tutti. E poi, non è affatto detto che avranno 95 anni...

                                        Piero Visani