E' bello, quando si conosce una persona nuova, percepire il momento in cui si accende la scintilla dell'affinità. Tutto, a quel punto, diventa possibile. Si apre una fase di intenso interscambio, che può portare in migliaia di direzioni diverse. Scattano anche le opportunità di percorsi comuni e occorre capire - in genere relativamente in fretta - se li si vuole affrontare insieme, oppure no. E' in quelle fasi, che possono risultare più o meno lunghe, che si giocano tutte le potenzialità di un nuovo rapporto. Ci si valuta, ci si pesa. Si cerca di capire se si può andare avanti, e come.
Occorre avere il coraggio di rischiare, di aprirsi, di mettersi in gioco. Quella magia, infatti, non dura a tempo indeterminato. Poi cominciano ad affluire i retropensieri, i calcoli e calcoletti, le paure, i timori. Si comincia a ipotizzare un salto nel buio, mentre magari affiorano ripensamenti o pentimenti.
Conosco bene queste fasi, perché in esse non pochi miei magic moments si sono persi. Una si è verificata qualche tempo fa, quando probabilmente ho posto una persona di fronte a una serie di scelte che riguardavano la sua stessa identità. Per un attimo, ritengo che abbia accarezzato l'idea che tale identità potesse essere messa in discussione, oppure giocata su due versanti. Poi le paure, le angosce, hanno avuto il sopravvento e io sono stato comprensibilmente allontanato. Ci ho riflettuto parecchio su e credo di aver ormai capito tutto. La cosa mi ha giovato, perché mi ha placato. Ho compreso l'insormontabilità dell'ostacolo con cui mi sono scontrato, che non riguardava me, come ho pensato a lungo, ma riguardava solo ed esclusivamente lei. Era lei, non io, che era chiamata a una sfida, ed è stata lei che non ha avuto il coraggio di affrontarla. Me ne dolgo, molto, ma aver compreso ciò che è accaduto mi ha pacificato con me stesso, e mi ha indotto a riconsiderare in maniera meno negativa l'idea che mi ero fatto dei comportamenti di lei. Non mi sento più di biasimarla per le scelte compiute, in quanto le ritengo conformi al suo modo di intendersi. Semmai nutro tuttora delle riserve sul modo con cui le ha "vestite". Un po' più di franchezza e sincerità avrebbero salvaguardato un rapporto che era comunque molto bello e profondo. E sarebbe stato meglio per tutti. Nessuno di noi due era condizionato da identità precostituite. Sarebbe stato sufficiente parlare e parlarne a cuore aperto. Una soluzione accettabile si sarebbe trovata. Con i silenzi, per contro, siamo precipitati nell'incomprensione più assoluta e nella fine sgradevolissima di una splendida amicizia. Una delle tante piccole tragedie del silenzio.
Ora sto vivendo una situazione analoga, pur in un contesto dove le identità di genere sono decisamente più chiare e definite. Ma anche qui, per lo sviluppo di un percorso di confine, ci vogliono coraggio e gusto per la scoperta. Lo avremo; anzi, lo avrà? E' il dubbio che mi assilla in questi giorni di grande adrenalina e piacevole eccitazione.
Piero Visani
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