Quando, nel dicembre 2011, insieme a due amici, lanciammo l'iniziativa della partnership, il nostro fu un mero atto di fede, il desiderio di immergerci in una sfida assai gradita ai protagonisti della medesima e allo spirito prometeico che animava almeno alcuni di essi.
Oggi, a poco più di un anno di distanza, dopo aver dovuto anche affrontare e superare una grave crisi interna, il giocattolo che avevano creato con tanta fede nel futuro e anche un briciolo di lucida follia, sta cominciando a camminare con le proprie gambe. Al team iniziale, rimasto fermo a tre unità, sia pure dopo un importante cambio della guardia da un vecchio a un nuovo partner, si sono appena aggiunti due partner esterni, e un terzo sta per aggiungersi.
Tutto cresce: i contatti, le relazioni, gli incontri, i lavori. L'orario lavorativo si sta dilatando enormemente, e la fatica si fa sentire. Manca il tempo per fare tutto e occorre trovarne altro, sacrificando ore di sonno, riducendo le letture, le distrazioni, la vita sociale e di relazione, le riflessioni, i silenzi.
Sono piuttosto provato da tutto questo, ma mentirei se dicessi che non mi piace. E' tutta adrenalina e dà il senso - e la soddisfazione profonda - di stare costruendo qualcosa con le proprie mani.
Anche le attività di svago si sono ridotte al minimo. Occorrerebbe selezionarle, conferire loro un ordine di priorità, concentrarsi su quelle che sono veramente in grado di dare qualcosa. Io delle idee precise in tal senso le avrei anche, ma il problema è che non è sempre agevole realizzarle... E, con il tempo che incalza, si è talvolta indotti ad essere sbrigativi, frettolosi, a privarsi di poesia per cercare prosa, con esiti spesso poco felici.
In realtà, pur se affaticato, non rinuncio a ricercare la mia personale poesia, aiutato dal fatto che il mio umore non è più atrabiliare, ma distaccato. E' come se stessi sperimentando una forma di positiva alienazione, nel senso che mi sono allontanato dal mio vecchio Io e sto abbracciandone uno nuovo, nel mentre guardo al vecchio finalmente con la necessaria distanza. Non sono cambiato, ovviamente, ma mi sento - se mi si passa il giochetto semantico - un Alter ego di me stesso.
Tutte le aspettative che avevo riposto su quella vecchia identità sono tramontate, ma non sto ridefinendone una nuova. Semmai, ho ripreso in mano con maggiore convinzione la vecchia e ho storicizzato determinati eventi. Ora questi non sono più il mio presente, e nemmeno il mio passato. Sono qualcosa che è successo, ma mi sembra talvolta che sia successo a un altro. Ho preso atto di tutto. Sono passato oltre. Per come si è svolto, è stato certamente un gigantesco fake. Io, ahimé, me ne sono reso conto solo adesso.
Mi resta la bicicletta, quella che ho ardentemente voluto. E con quella pedalo...
Piero Visani
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