Mi sia consentito rivolgere un sentito ringraziamento a quanti (e non sono stati pochi...), nel corso della mia vita, hanno deciso di liberarsi di me in forme più o meno urbane, di togliermi di torno, di rompere i rapporti con me. Anche se magari non se lo immaginano, o se puntavano a un obiettivo esattamente contrario, cioè a farmi male, in realtà mi hanno fatto del bene. Io infatti, benché mi si attribuisca un pessimo carattere, in realtà sarei sempre incline all'idea di portare con me tutto il mio vissuto, nel bene come nel male, per cui tenderei a non rompere mai completamente i ponti con chi ha rappresentato qualcosa, qualsiasi cosa, nella mia vita. Ci sono state addirittura situazioni che ho lasciato colpevolmente incancrenire, pur di non rompere in via definitiva con qualche persona. Magari tacevo per anni, per decenni, ma - da attento lettore di Nietzsche - mi comportavo (e mi comporto sempre) come l'uomo dell' "eterno ritorno".
Mia cugina Anna, che volentieri mi legge, mi passerà la citazione del suo caso, che è paradigmatico: non abbiamo mai litigato, non ne avremmo avuto motivo, ma ci siamo persi di vista per più di quarant'anni (!), salvo ritrovarci via LinkedIn. Ed è stato molto bello ritrovarci, invecchiati (ma non ancora troppo...), per riprendere un dialogo interrotto troppo presto, per nessuna ragione in particolare se non i diversi itinerari delle nostre vite. Ed è bellissimo ritrovarsi ora, scriversi, rivedersi ogni tanto, forse con un minimo di rimpianto da parte mia per non essere stato a suo tempo più dialettico, ma pronti a recuperare un silenzio durato troppo a lungo, a raccontarci, a riscoprire la nostra identità di sangue, che è un valore forte e che credo percepiamo entrambi, molto nitidamente.
E uomo dell' "eterno ritorno" resto, sempre e comunque, proprio perché la mia "valigia di vita" è piena di ricordi in chiaroscuro, come quella di tutti, presumo. Certo, non credo tornerei indietro da chi mi ha allontanato da sé a calcioni (e non sono stati pochi), ma in un post di qualche tempo fa ho raccontato di un casualissimo e fortunato incontro milanese con una donna che avevo amato. Non si è riaccesa nessuna scintilla, è ovvio, ma una mezza giornata insieme ci è servita a chiarirci che, sì, ci eravamo amati, che lo sapevamo entrambi e che, se le strade della vita ci hanno condotto lungo percorsi diversi, è bastato ritrovarci fortuitamente una volta per capire che la scintilla non era del tutto spenta, ma si era mantenuta accesa, sotto traccia, per decenni. Non è successo niente - l'ho già raccontato - ma almeno da ora in avanti sapremo cosa abbiamo fatto, e soprattutto perché.
Ci aiuterà? Ci gioverà? No, ma placherà i nostri cuori e, al tempo stesso, ci ricorderà che, per qualche fuggevole attimo, o anche per un po' di più, hanno battuto all'unisono. Sarebbe stato brutto sprofondare nella vecchiaia senza essercelo detto. Non ci rivedremo più, a meno di altre felici casualità, ma non siamo più reciprocamente ostili. Non che lo fossimo in particolare prima, perché ci eravamo lasciati per forza maggiore, non per un litigio, ma ora è tutto più chiaro e i nostri animi - credo - più lievi.
Ogni tanto, quando uno meno se lo aspetta, la nostra vita può essere illuminata da una cosa bella. E si capisce di aver recuperato cose e persone che si ritenevano perdute. Quando si sa perché le si erano perdute, l' "eterno ritorno" è molto difficile, ai limiti dell'impossibile. Quando non lo si sa, è un'opzione possibile, la bonne chance di una vita passata a cercare di dipanare e spiegare i mille nodi dei legami esistenziali. La mia vita.
Piero Visani
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