La categoria dei neofascisti è durata decenni, a livello politico e culturale. Poi, dopo il "passaggio delle acque" a Fiuggi, è nata quella dei post-fascisti e successivamente se ne annunciano altre, di cui la più divertente mi pare quella - molto circoscritta e con scarso (o forte?) senso dello humour - dei neo-antifascisti (a dimostrazione che i "giri di valzer", in politica, non si esauriscono mai...).
Noto però che si sta manifestando con forza una nuova categoria, quella dei neo-razzisti, composta da coloro che ritengono che l'unico e ultimo "fardello dell'uomo bianco" sia proprio lui stesso e, di conseguenza, sono fermamente decisi a liberarsene. Non a caso, è drasticamente cambiato il metodo di misurare l'orrore. Se affonda un barcone carico di migranti, giustamente lo sdegno per un evento così grave è molto forte. Se invece in diversi Paesi europei si contano, ogni anno, alcune migliaia di suicidi per disoccupazione, rovina economica da soverchio carico fiscale, etc. etc., tutto questo è perfettamente normale.
La teoria della sacralità della vita, propugnata per secoli, di colpo ha perso rilievo, importanza, centralità. Oggi è sacra la vita di alcuni, quella di altri lo è molto meno e - diciamola tutta - se costoro muoiono o si suicidano, è perché non sapevano affrontare le difficoltà della vita e, in una certa misura, addirittura se lo meritano.
Ne consegue che, se sei migrante, hai diritto a tutto; se sei autoctono, ti resta "il tempo di morire" (per dirla con Battisti-Mogol, autori sicuramente superiori, per contenuti, alla media di certi ragionamenti "egalitari").
Personalmente, non me ne importa nulla di tutto questo, ma pensare che la morte di un migrante, uno qualsiasi, sia un fatto molto grave, mi sta benissimo e condivido il ragionamento. Meno chiaro invece mi risulta per quale motivo la morte di un italiano o di chiunque non sia migrante sia, per così dire, una "meno morte", una morte meno grave, frutto dell'incapacità di adeguarsi ai grandi sommovimenti del nostro tempo.
In realtà, non occorre aver preso una laurea ad Harvard (e neppure alla Bocconi...) per capire che anche le migrazioni di massa sono grandi sommovimenti del nostro tempo, per cui resta sempre il dubbio che alcuni di questi siano graditi (e fruttuosi...) alle classi dominanti (uso deliberatamente il termine "classi"...), altri molto meno.
Tuttavia, farsi propugnatori di diseguaglianze così forti, marcate e soddisfatte sta riempiendo le nostre società di una carica terribile di violenza repressa, che prima o poi sarà chiamata ad esplodere. Ne sono perfettamente consapevole e certo non mi preoccupa, anzi la vedo lievitare con grande soddisfazione. Mi chiedo se coloro che la stanno facendo germogliare ne siano consapevoli a loro volta: se sì, non avrò nulla da rimproverare loro, poiché comprendo certe scelte, pur non condividendole affatto. Se no, credo che tutti dovremo cominciare a pensare che "Dio ci perdoni gli ultimi cinque minuti di questa guerra", perché quello sarà lo sbocco e non sarà indolore per alcuno, neppure per quanti oggi si sentono erroneamente intoccabili.
Piero Visani