Penso a questa splendida frase ogni volta - e capita sempre più spesso - devo sprecare la mia vita per il mio personale sacrificio umano alla "demonìa dell'economia e della fiscalità". Mi chiedo infatti che senso abbia una vita del genere e come la si possa sopportare, dato per scontato che le classi politiche non la sopportano certo, visto che sono esenti da qualsiasi tipo di onere.
Non sono certo un eroe, ma sento sempre più forte il peso di una vita fatta solo di conti da pagare, di sacrifici umani da compiere al Moloch dello statalismo. Sono alquanto avanti con gli anni e so bene quanto sia peggiorata la mia vita, in termini di qualità della medesima, con il passare del tempo. Ho vissuto troppo a lungo per non saperlo.
Su questo sfondo, come mi può fare paura la morte? E' forse vita quella che sto conducendo? E' forse una condizione esistenziale accettabile la schiavitù? Anche io, nel mio piccolissimo, mi sento alla ricerca della vita vera. Non può essere vita questa mostruosità senza futuro e senza speranza, fatta di lavoro duro e ininterrotto, e di prestazioni di corvées a potentati vari, che mi privano di qualsiasi denaro e di qualsiasi possibilità di godermi qualche minimo scampolo esistenziale a mio vantaggio.
Anche io, quindi, mi sento in cerca della vita vera. Non so se la troverò, ma il peso che mi grava sull'animo è sempre più forte e intollerabile. Cerco di scrivere qualcosa, pur se me ne manca la voglia, ma confesso che scrivere il necrologio di se stessi non è cosa facile: sono un morto che "vive" nel "migliore dei mondi possibili". Molto difficilmente riuscirò a regolare i miei conti (e non sto certo parlando di quelli economici), ma ammetto che mi sarebbe molto piaciuto. Non cerco affatto la morte, ma la vita vera sì. E mi compiaccio di avere illustri predecessori in tal senso.
Piero Visani