Quando molti osservatori (purtroppo in media non granché accreditati, ma oggi, per essere accreditato, devi essere un lacchè del potere, altrimenti chi ti accredita...?) avanzarono la tesi che le elezioni presidenziali austriache potessero essere state inquinate da notevoli brogli, i numerosissimi (e ben pasciuti...) "sostenitori dell'esistente" si fecero avanti con la loro tesi di sempre: l'accusa, rivolta agli avversari, di essere "complottisti".
Ora, a voler essere sinceri e sereni, nessun studioso degno di questo nome, quale che sia la disciplina che pratichi, parlerebbe di "complotto" senza prima aver verificato i fatti e le informazioni disponibili sui medesimi. Non esistono "verità rivelate" (ma molti teorici democratici oggi sono teologi, più che teorici, per cui è probabile che per loro tali "verità rivelate" esistano davvero...), e quindi la lunghissima serie di indizi raccolti in loco sulla possibilità del verificarsi di brogli avrebbe dovuto essere sottoposta a considerazioni attente, non a negazioni aprioristiche.
Sfortunatamente, nel mondo contemporaneo, nulla può più essere sottoposto a critiche, specie se esce dal mainstream delle opinioni accettate dalla cultura dominante: ricordo nitidamente di aver perso alcuni amici su Facebook per aver espresso dubbi (fortissimi dubbi...) sugli eventi dell'11 settembre 2001. Il più acuto di essi mi scrisse dicendo che, nel crollo di una delle due Torri aveva perso un'amica e che quindi la tragica morte della poveretta rappresentava la dimostrazione più chiara che si trattasse di terrorismo vero, altrimenti nessuno l'avrebbe uccisa... Non risposi nemmeno, non ne valeva la pena: doveva avere un'idea molto legalitaria di come funzionano gli apparati statali.
Nel caso di specie, non credo proprio che la Corte Costituzionale austriaca avrebbe deciso - nel clima politico esistente in Europa dopo la Brexit - di ordinare il rifacimento delle elezioni presidenziali se le irregolarità constatate fossero state piccole e occultabili. Evidentemente, invece, sono macroscopiche e tali da non aver persuaso giuristi che - sia detto a conferma della loro onorabilità - credono più ai fatti che agli ordini (o ai condizionamenti...) provenienti dalla cultura dominante.
Molto significativa, poi, è la subdola tesi per cui le "teorie del complotto" sarebbero sostenute solo da studiosi improvvisati. Sicuramente, in quel fronte, ci sono molti studiosi "fai da te" e non pochi di essi sono dei dilettanti, alcuni pure sprovveduti, ma vi sono anche coloro che cercano meticolosamente la verità e che, non avendo mai leccato le terga al potere, mai sono andati e mai andranno in cattedra.
E' del tutto evidente che non sempre le "teorie del complotto" sono fondate, anzi è probabile che lo siano piuttosto raramente, ma sostenere che "tutto è un complotto" non è meno infondato che dire, rinunciando a verificare gli eventi e mettendo deliberatamente la testa sotto la sabbia, che "nulla è un complotto" e che tutto è perfetto in quanto è fatto dal potere statale che mi paga lo stipendio e le consulenze (ai quali vorrei se possibile non rinunciare...).
Ciascun evento fa storia a sé e magari, in autunno, il blocco politico di centrosinistra vincerà alla grande su coloro che oggi hanno visto accogliere come fondato il loro ricorso sui brogli. In tal caso, sarà una vittoria positiva, perché ottenuta onestamente, magari con una percentuale superiore al 50,3% ottenuta in occasione dell'ultima votazione (sulla quale - devo dire - non ho sentito lamentazioni sul fatto che si trattasse di una maggioranza risicata, mentre ne ho sentite tante sull'oltre 52% ottenuto dai sostenutori della Brexit).
Tuttavia, sarebbe ora di finirla con la storia delle "teorie del complotto". I "complottisti" in servizio permanente effettivo sono patetici non meno dei "legittimisti" ciechi di fronte a tutto per timore di perdere incarichi, stipendi e prebende. Est modus in rebus, dicevano i padri latini, ed è vero: la verità non sta mai tutta da una parte, ma nemmeno dall'altra... Ora è pure provato.
Piero Visani