Può essere capitato a molti, viaggiando per la Scozia, di passare nella splendida valle di Glencoe, di vedere dei monumenti e dei cippi, di avvicinarsi per dare un'occhiata e - come è capitato a me - di vedere gente piangere calde lacrime, oggi, a oltre trecento anni di distanza. Alcuni amici mi hanno chiesto di raccontarne in breve la storia, e lo faccio volentieri.
Nel 1688, il principe Guglielmo d'Orange, lieto di poter contare sull'aiuto inglese contro la Francia, accettò l'offerta di insediarsi sul trono d'Inghilterra. Il Parlamento scozzese si dimostrò però più cauto di quello inglese e sollecitò una presa di posizione anche da Giacomo VII Stuart, pretendente al trono inglese con il titolo di Giacomo II. Quest'ultimo non fornì una risposta soddisfacente, il che convinse il Parlamento scozzese ad optare anch'esso per Guglielmo. Scoppiò allora una rivolta di legittimisti giacobiti (detti così in quanto seguaci di Giacomo VII), che tuttavia venne repressa nel sangue.
Il 27 agosto 1691, Guglielmo d'Orange offrì a tutti i clan delle Highlands un perdono per aver preso parte alle rivolte giacobite, se gli avessero fatto un giuramento di fedeltà entro il 1° gennaio 1692. Uno degli ultimi ad accondiscendere a fare il giuramento fu il clan dei MacDonald di Glencoe, ma - probabilmente per mandare un segnale forte a tutti i clan delle Highlands di orientamento giacobita - il governo di Londra decise di organizzare comunque una rappresaglia, con il pretesto che il giuramento fosse avvenuto dopo la scadenza prevista. Così, un reparto del reggimento di Argyll, forte di 120 uomini e guidato dal capitano Robert Campbell, venne inviato in visita presso i MacDonald di Glencoe, con il compito di eseguire una rappresaglia esemplare.
Il 12 febbraio 1692 giunse l'ordine del governo centrale di procedere alla rappresaglia e, il giorno successivo, in tre diversi insediamenti lungo la vallata, vennero uccisi 38 membri del clan dei MacDonald di Glencoe. Altre 40 persone, tra donne e bambini, morirono successivamente di stenti a seguito dell'incendio delle loro case. I 38 uccisi a fil di spada avrebbero potuto essere molti di più, se i soldati del Reggimento Argyll avessero eseguito con maggior zelo l'ordine ricevuto.
Nell'inchiesta che la giustizia scozzese avviò immediatamente dopo i tragici eventi, venne riconosciuto che al Reggimento Argyll era stato impartito un ordine illegittimo ("contrario alla legge di natura", nel linguaggio dell'epoca) e che i comandanti che lo avevano eseguito avevano commesso un grave reato, per il quale, tuttavia, non furono mai puniti, se non altro per il fatto che l'ordine era arrivato loro direttamente dal sovrano.
La vicenda, quindi, si chiuse con un nulla di fatto e resta una storia esemplare di quanto le rivalità tra clan potessero fondersi nell'ambito della storia scozzese, dando vita a faide di lungo periodo (i MacDonald di Glencoe, ad esempio, non erano per nulla amati dai Campbell perché più volte avevano compiuto scorrerie e razzie sulle loro terre).
La memoria del massacro è rimasta viva fino ai nostri giorni e non è mai stato troppo consigliabile, se si è un membro del clan Campbell, addentrarsi in quella zona o portare un kilt dei Campbell, anche se oggi gli odi clanici si sono infine placati. Su tutto sono poi fiorite alcune speculazioni ad uso dei molti turisti di passaggio, ma posso garantire di aver visto personalmente membri del clan MacDonald, provenienti da Paesi lontani dove erano emigrati, soffermarsi presso uno dei cippi che ricordano il tragico evento in uno stato d'animo di manifesta commozione.
Piero Visani
Il 27 agosto 1691, Guglielmo d'Orange offrì a tutti i clan delle Highlands un perdono per aver preso parte alle rivolte giacobite, se gli avessero fatto un giuramento di fedeltà entro il 1° gennaio 1692. Uno degli ultimi ad accondiscendere a fare il giuramento fu il clan dei MacDonald di Glencoe, ma - probabilmente per mandare un segnale forte a tutti i clan delle Highlands di orientamento giacobita - il governo di Londra decise di organizzare comunque una rappresaglia, con il pretesto che il giuramento fosse avvenuto dopo la scadenza prevista. Così, un reparto del reggimento di Argyll, forte di 120 uomini e guidato dal capitano Robert Campbell, venne inviato in visita presso i MacDonald di Glencoe, con il compito di eseguire una rappresaglia esemplare.
Il 12 febbraio 1692 giunse l'ordine del governo centrale di procedere alla rappresaglia e, il giorno successivo, in tre diversi insediamenti lungo la vallata, vennero uccisi 38 membri del clan dei MacDonald di Glencoe. Altre 40 persone, tra donne e bambini, morirono successivamente di stenti a seguito dell'incendio delle loro case. I 38 uccisi a fil di spada avrebbero potuto essere molti di più, se i soldati del Reggimento Argyll avessero eseguito con maggior zelo l'ordine ricevuto.
Nell'inchiesta che la giustizia scozzese avviò immediatamente dopo i tragici eventi, venne riconosciuto che al Reggimento Argyll era stato impartito un ordine illegittimo ("contrario alla legge di natura", nel linguaggio dell'epoca) e che i comandanti che lo avevano eseguito avevano commesso un grave reato, per il quale, tuttavia, non furono mai puniti, se non altro per il fatto che l'ordine era arrivato loro direttamente dal sovrano.
La vicenda, quindi, si chiuse con un nulla di fatto e resta una storia esemplare di quanto le rivalità tra clan potessero fondersi nell'ambito della storia scozzese, dando vita a faide di lungo periodo (i MacDonald di Glencoe, ad esempio, non erano per nulla amati dai Campbell perché più volte avevano compiuto scorrerie e razzie sulle loro terre).
La memoria del massacro è rimasta viva fino ai nostri giorni e non è mai stato troppo consigliabile, se si è un membro del clan Campbell, addentrarsi in quella zona o portare un kilt dei Campbell, anche se oggi gli odi clanici si sono infine placati. Su tutto sono poi fiorite alcune speculazioni ad uso dei molti turisti di passaggio, ma posso garantire di aver visto personalmente membri del clan MacDonald, provenienti da Paesi lontani dove erano emigrati, soffermarsi presso uno dei cippi che ricordano il tragico evento in uno stato d'animo di manifesta commozione.
Piero Visani