No, non mi faccio illusioni, non sono bello. Dannato però sì, anche troppo. E' il mio destino e - a dire il vero - ormai ci sono perfino affezionato. Se non incappo in qualche dannazione, non mi riconosco più, mi chiedo: "sarò invecchiato? Mi sarò temperato? Mi starò rammollendo?". Ma è solo questione di tempo, perché poi mi piove addosso l'ennesima dannazione, e allora sono contento, sono nel mio habitat naturale: back to normalcy!
Tuttavia, qualche conforto ce l'ho. William Blake, poeta e pittore inglese vissuto a cavallo fra Settecento e Ottocento, ha scritto che "la dannazione costringe, la benedizione rilassa". Bene, io posso dire, con piena cognizione di causa, che certamente non mi rilasserò, perché di benedizioni, in vita mia, non ne ho mai ricevute, mentre di dannazioni abbondo.
Mi verrebbe da chiedermi come mai, ma è domanda retorica, perché lo so benissimo: sono tutto meno che uno yesman e la cosa - si sa - in questo mondo ha un costo.
Ma ora, in questa primavera che a Torino, fino ad oggi, è piuttosto gelida, mi viene sempre più spesso da pensare, con intima soddisfazione, che è vero che "la dannazione costringe", ma, nel farlo, provoca reazioni positive, impedisce la rilassatezza, vota al continuo rinnovamento di sé.
Esaurita la lunga fase della "tempesta del dubbio", delle difficoltà psicologiche, della riluttanza ad accettare non il senso dei miei comportamenti (ché quello l'ho sempre condiviso), ma le conseguenze dei medesimi (alcune delle quali mi hanno fatto decisamente male), ora sono finalmente tranquillo e pacificato con me stesso e con gli altri. Ho capito che è stato giustissimo buttarmi via e dannarmi, se questo si riteneva giusto fare, e lo apprezzo, perché è stata fatta - sia pure molto tardivamente - una scelta di chiarezza nei miei confronti. A mia volta, anch'io ho fatto le mie scelte, analogamente radicali, e ora sono finalmente placato. Ho compreso infatti che non è importante se le "dannazioni" siano giuste, meritate o quant'altro, ma che, se vanno bene a chi le ha pronunciate, vanno bene anche a me. Non dico di essermele meritate, ma, se mi sono state comminate, va bene così. Chi lo ha fatto avrà avuto le sue buone ragioni e io avrò avuto le mie, nel fare quello che ho fatto io. Un franco e amichevole confronto. Ognuno ha avuto quello che ha voluto, dunque tutto a posto. Era un "Truman Show", ora non lo è più. Dalla realtà virtuale siamo passati a quella reale e, in effetti, in quella reale non ci siamo mai visti né conosciuti. Né ci vedremo. Sono gli scherzi che gioca la realtà virtuale contemporanea. Un classico e paradigmatico caso di faction (cioè di facts - invero pochi - e fiction - invero tanta...).
Piero Visani
Piero Visani
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