domenica 28 aprile 2013

Tra reale e virtuale

       Ritengo sia molto importante, nella comunicazione contemporanea, tenersi costantemente a cavallo tra virtuale e reale, per capire bene quanto dosi di virtuale ci siano nel reale e, all'inverso, quante dosi di reale ci siano nel virtuale.
       Stando ai racconti che ne hanno fatto oggi i mezzi di comunicazione di massa, un eventuale attentatore avrebbe avuto tutto il tempo (e il modo) di porre in atto i suoi intenti criminosi contro obiettivi politici di alto profilo. Nulla di tutto questo, per contro, è accaduto e l'aggressione, quando c'è stata, si è rivolta contro due malcapitati carabinieri, colpiti "in mancanza di obiettivi politici di rilievo".
        Il problema è che la tesi "vado a fare un attentato contro qualche politico, il primo che capita, non ne trovo alcuno e, a quel punto, non penso a riformulare il tutto, ad affinare il mio piano, a prepararmi meglio e a cogliere una seconda (o terza) opportunità, ma scarico un caricatore di pistola contro due membri delle forze dell'ordine che non paiono essere", e non lo scriviamo certo per sminuirli, "due obiettivi di primaria importanza", lascia sussistere qualche dubbio sui reali intenti del pazzoide odierno. Un fesso completo? Un disturbato? O magari un provocatore prezzolato ed eterodiretto?
       Ovviamente non lo sapremo mai, ma è "confortante" sapere che il soggetto si è comportato nel miglior modo possibile, cioè ha fatto tanto rumore e danno che non è stato certo "poco", ma ha coinvolto solo dei poveracci responsabili di fare ancora (spesso per mancanza di alternative) il proprio dovere, senza coinvolgere peraltro alcun membro della "casta".
       Il risultato finale è un vantaggio netto per la "casta" stessa - e proprio questo mi lascia un po' perplesso... - anche se i progressivi spostamenti verso una situazione in cui si spara andrebbero valutati con più cautela e meno sicumera. L'Italia è a pochi passi da una situazione di rottura totale degli equilibri, con tutto ciò che potrebbe discenderne. Se il pazzoide di oggi sia stato autonomo o manovrato, poco importa. E' l'intera dinamica del passaggio "dalle armi della critica alla critica delle armi" che andrebbe gestito con più sagacia, da chiunque lo stia gestendo. In questi campi, la casualità è rarissima e, mentre sovente i pazzoidi che sparano sono davvero tali, quanti li istigano o li manovrano lo sono assai meno. Siamo sicuri che non siano state "prove tecniche", quale che ne sia stato l'organizzatore, che non è mai l'esecutore diretto?
 
                       Piero Visani

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