Un mio amico, in margine a una mia riflessione personale un po' dolente, mi scrive: "dovresti ringraziare gli dei per essertene liberato!". Ha sicuramente una parte di ragione, ma sono talmente convinto delle mie capacità intuitive, analitiche e percettive che non sono a tutt'oggi persuaso di aver sbagliato tanto clamorosamente una valutazione. A tutt'oggi, ritengo che la mia valutazione fosse quella giusta e che poi abbia subito tante forme di interferenze esterne, disturbi, prevenzioni, pregiudizi, timori, paure.
Quello che è stato è stato, ma non credo di aver commesso un errore di valutazione tanto grave, anzi, sono tuttora persuaso di avere visto giusto e, semmai, di essere stato vittima di scelte diverse dalle mie. E' chiaro che, quando un testo viene interpretato in due forme così radicalmente diverse, la divaricazione è inevitabile, ma io non penso di aver sbagliato alcunché. Io ho intuito, e confermo le mie intuizioni. Queste ultime non sono state condivise o sono venute a noia o sono diventate ingombranti. Ciò non muta gli esiti, ma neppure muta le mie valutazioni.
Dunque non ringrazio gli dei. Mi limito a constatare che, dall'imbuto in cui ci si era cacciati, si poteva uscire solo male, come in effetti è avvenuto. La preoccupazione di circoscrivere, che avrebbe dovuto avere valore "medico", si è rivelata mortale nel momento in cui si è esercitata a carico di un soggetto "no limits" come me. Nel preciso istante in cui questo meccanismo si è attivato, tutto il resto è venuto di conseguenza.
Piero Visani
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