martedì 23 aprile 2013

The Pathfinder

       Collina torinese.
       Esterno sera, poco prima delle 20.
       Sto guidando tranquillo, ritornando verso casa.
       Colonna sonora: Giugno '73, di Fabrizio De André. E' una canzone che amo. Mi ricorda diversi momenti ed episodi della mia vita.
       Partono le note della versione per banda militare di The Soldier's Song, l'inno irlandese, che uso come suoneria del mio cellulare.
       I due suoni si mescolano, creando una sgradevole cacofonia. Chiudo il CD e rispondo.
       Convenevoli. E' una donna che conosco da qualche mese. Molto bella, molto classy, molto vuota. Abbiamo avuto una piccola fiammata reciproca, che mi ha dato molta gioia, anche perché non è stata una storia intrisa nella sessuofobia.
        Al di là di quello, tuttavia, per me è un rapporto che non esiste. E' sgradevolissimo, al limite del fastidio fisico, avere a che fare con un cervello di gallina. C'è stata l'attrazione sessuale, certo, perché si tratta di donna di altissimo livello e con un corpo e un viso perfetti. Ma, esaurito quel tipo di curiosità, di che cosa parliamo, io e lei?
        Come la maggior parte delle donne altoborghesi italiane, non sa niente di niente, ma proprio niente. Occulta questa sua totale ignoranza sotto un ottimo savoir faire, ma, quando parla di qualcosa, le sue tesi suonano piene di frasi che, come pregnanza e contenuti, equivalgono al mitico "non esistono più le mezze stagioni".
         Ho provato a spronarla un po', ma invano: i film che vede sono tutti belli (o brutti); i romanzi "interessanti" (o noiosi); saggi non ne legge (meglio non chiedere troppo...); di musica nulla sa, che sia colta o popolare. Sa di tutto un po', nel senso che di tutto sa nulla. E' perfetta nelle conversazioni da salotto, dove trova sempre un tema da sviscerare (si fa per dire...) per la gioia degli astanti, che, da bravi altoborghesi, sono nutriti della stessa "cultura" sua, genere "sotto il vestito niente...".
        Ho tentato di resistere per un po', ho tentato di stimolare, salvo sentirmi dire che "voi intellettuali siete troppo esigenti". Poi è passata alla fase che "le mettevo soggezione" (un classico, per me: credo che me l'abbia detto qualsiasi donna che ho conosciuto, salvo mia moglie, e sarà anche per questo che l'ho sposata...) e infine al fatto che "aveva bisogno dei suoi spazi".
       Conosco a sufficienza le donne per sapere quando si imbocca la strada che porta al "dimissionamento" e questa volta, visto che della signora non mi importava granché, dato che delle borghesi e perbeniste non so proprio che farmene, non me ne sono dato cura più di tanto.
       Che cosa avrei dovuto rimpiangere: avevamo avuto un avvio molto bello e molto intimo, siamo passati attraverso tutto quello che potevamo fare insieme. Dunque ci conosciamo. Non abbiamo ambiti di "non detto". Sappiamo che la nostra intesa sessuale è ottimale. Ma abbiamo altro da condividere?
       Credo che ciascuno di noi ci abbia pensato su, per la propria parte, e so bene che da qualche settimana siamo su un piano inclinato che volge alla fine della nostra esperienza in comune. I nostri corpi si conoscono, ormai, e credo ne siamo reciprocamente felici. Le nostre anime pure, e non ci sentiamo vicini, perché siamo troppo diversi. Ne consegue che, al di fuori dal sesso, non abbiamo alcunché da condividere, o quasi. Anzi, il suo perbenismo interessato mi dà parecchio fastidio. Per un po' l'ho tollerato, perché la signora ama esplorare certi campi che interessano pure a me, e quello è sempre bello, positivo e rende straordinariamente complici. Ma, più passa il tempo, più l'estraneità sale.
        Il succo della telefonata che ricevo, preceduta da un lungo preambolo di lei, è il classico e mitico "restiamo amici". Dovrei arrabbiarmi, ma sorrido. Se dovessi essere amico di tutte le donne che me lo hanno detto, e avessi un profilo Facebook, farei faville...!
        Chissà come mai le donne, quando devono liquidarci, usano questa fantastica frase - che, consentitemi di dirlo - dovrebbe essere  del tutto assente dal vocabolario di una donna realmente intelligente, che mai e poi mai farà ricorso a questa penosissima e banalissima via d'uscita.
        Mi irrigidisco, taglio corto e concludo la telefonata.
        Mi richiama subito, chiedendomi il perché di una reazione tanto dura e dicendomi che mi sta offrendo una soluzione ottimale. La prego di non insistere nel prendermi in giro e aggiungo che va bene così: abbiamo avuto una relazione da adulti maturi e, inevitabilmente, sta andando alla fine. Al tempo stesso, la prego di non considerarmi decerebrato al punto di aver bisogno di usare, con me, certi trucchetti.
        "Mettiamola sul ridere" - dico - "Se penso a tutte quelle che avrebbero voluto che restassi loro amico senza aver fatto sesso con me, non posso che esserti grado. Sei vari gradini al di sopra di quelle sciacquette. Sai quello che vuoi. Seduci e fai seguire alle premesse gli sviluppi. Te ne sono immensamente grato. Se ci capiterà, ci reincontreremo. Ma non dirmi, per favore, restiamo amici. Mi offende, mi insulta. Perché voi donne volete sempre prenderci in giro? Perché avete una così pessima opinione di noi? Perché ci considerate dei dementi?"
       "Ci siamo voluti bene. Abbiamo avuto degli splendidi momenti insieme. Ora è tempo di chiudere. Ma noi, mia cara, non avremo rimpianti. Siamo passati attraverso. Non possiamo andare oltre, perché non ce ne sono i presupposti e lo abbiamo constatato insieme. Questo conclude la nostra esperienza insieme, ma la conclude bene, con affetto, con tenerezza, con reciproca gioia. Nessuno penserà mai all'altro con astio od ostilità. Siamo stati dove potevamo andare. Ne porteremo sempre reciproca gratitudine".
         Pare quietata, e decidiamo di vederci a breve, per riparlarne con calma. "Non ti nego la mia amicizia" - le dico - "anzi sono contento di preservarla. Da te ho avuto tutto e di più, perché dovrei buttarti via? Vediamo se ci sono altre cose da fare insieme. Siamo pieni della complicità tipica degli amanti. Non buttiamola via. Ma non restiamo solo amici. Proviamo a sperimentare. Proviamo a vedere cosa possiamo fare di nuovo e di più".
         Sembra fortemente incuriosita, e decidiamo di rivederci a breve. Quanto a me, non credo a me stesso: per una volta, la mia capacità affabulatoria ha avuto successo. Sono riuscito a persuadere una donna nel seguirmi nelle mie esplorazioni. Non credo alle mie orecchie! Staremo a vedere. Ma, dopo tante sante Marie Goretti, virago, "cerbiatte" in potenza e in atto, una donna curiosa merita rinnovata attenzione, da parte mia. Il Mefistofele che dorme in me è pronto a svegliarsi... e le donne curiose, quelle realmente curiose, sono sempre interessanti. Inoltre, sono un maieuta e proprio nell'arte maieutica riesco a dare il meglio di me. Ergo...

                               Piero Visani 


 

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