Sono sempre stato accusato, nel corso della mia vita, di essere un soggetto estremista, di volere troppo, di volere tutto, di non essere incline alla mediazione e al compromesso.
Tutto vero, ma con alcune importanti precisazioni. La valutazione che viene data di ciascuno di noi differisce spesso da una persona all'altra e sovente non è una semplice formulazione di giudizio, ma, altresì, un'attestazione di disponibilità nei nostri confronti. Tanto più tale disponibilità sarà presente nell'altro, tanto più benevolo sarà il giudizio che riceveremo.
E' una forma ricorrente di relazione personale ed è una forma anche assolutamente legittima. Ci sono persone che, fin dall'inizio di un rapporto con loro, tendono a farci capire che cosa intenderanno darci, in un senso o nell'altro, come apertura e come chiusura. Persone che sono impegnate nel mettere paletti, che dialogano poco, che si aprono meno o che, nel dialogare, fanno capire fin dall'inizio dove si potrà andare e dove no.
Altre persone, per contro, hanno idee meno chiare, forse più confuse, oppure definiscono le loro identità in base alla loro capacità di esercitare una qualche forma di influenza sul prossimo. Queste persone possono essere molto gradevoli, a seconda del tipo di relazione che si stabilisce con loro, oppure possono essere ingannevoli nei loro comportamenti, perché è molto difficile comprendere che cosa vada loro bene e che cosa no. Talvolta, inoltre - e sono forse i casi peggiori - loro per prime non sanno bene che cosa vogliono e decidono in base agli stimoli del momento. Con queste persone si può essere all'inizio in una posizione neutra o di simpatia, poi escalare a livelli decisamente più elevati e infine ritornare indietro e magari dalla simpatia passare all'antipatia o all'ostilità. Ciò accade perché non sapevano realmente che cosa volevano, o hanno mutato i loro obiettivi strada facendo, o si è venuti loro a noia, o il rapporto ha raggiunto livelli che esse non gradiscono, perché forse non pensavano, all'inizio, che si arrivasse fin lì.
Così, quasi impercettibilmente, dalla disponibilità si scivola nell'indisponibilità, che spesso, se esse sentono minacciata la loro autonomia, può evolvere addirittura nell'indisponibilità più assoluta e nella rottura.
Non c'è niente di male in tutto questo, poiché ogni persona ha diritto di seguire le proprie inclinazioni. Il radicalismo, se c'è e quando si manifesta, consiste nel passare da un estremo all'altro, dalle aperture molto ampie alle chiusure nette, perché in quel modo è difficile orientarsi, nel rapporto con queste persone. In genere, si arriva - in tempi più o meno brevi - alla chiusura dei contatti, perché nascono possibilità di litigio o perché il drastico mutamento di atteggiamenti provoca sorpresa e dolore in chi ne è vittima, e spesso lo induce a reagire in maniera non meno netta. Sul momento, questi attriti fanno male, poi il tempo serve non dico a lenire il dolore, ma certamente a far capire che era stata imboccata una strada senza sbocco e che la rottura dei rapporti fa favorito lo sblocco di una relazione che non era più nulla, se non che una stracca ripetizione di sé medesima. Quando due persone sono amici, possono anche rimanerlo per tutta la vita, ma occorre - come presupposto sine qua non - che sia una cosa che va bene a entrambi. Se non va bene ad entrambi, se una delle due persone mira a qualcosa di più, se non vuole rimanere ferma sempre agli stessi livelli, che gli appaiono sterili, oppure se non intende attendere a tempo imprecisato l'evoluzione di una relazione (ipotesi che, allo stato, gli appare impossibile), allora meglio chiudere, mille volte meglio chiudere. Rimarrà un ricordo, non dico un bel ricordo, ma almeno un ricordo.
Dove stia, in tutto ciò, il mio radicalismo, onestamente non riesco a vederlo: mi è stata offerta un'opzione, che a me non andava bene, e l'ho rifiutata. A mia volta, ho formulato la mia proposta, con esito esattamente inverso. Se di radicalismi si è trattato, sono stati quanto meno due, perché io chiedevo molto, e mi è stato offerto poco. A mia volta, ho rifiutato quel poco. Non sono un protagonista di scelte residuali. Per quelle, occorrono altri soggetti. Deuteragonista, mai.
Ma dove sta il mio presunto estremismo. Piuttosto che accettare i leftovers altrui, ho scelto di esserlo io, per intero. E' così grave? Nulla contavo prima, nulla conto ora. Fine della storia, delle sceneggiate e delle possibili prese in giro. Non vedo radicalismi, solo sincerità e chiarezza.
Piero Visani
Dove stia, in tutto ciò, il mio radicalismo, onestamente non riesco a vederlo: mi è stata offerta un'opzione, che a me non andava bene, e l'ho rifiutata. A mia volta, ho formulato la mia proposta, con esito esattamente inverso. Se di radicalismi si è trattato, sono stati quanto meno due, perché io chiedevo molto, e mi è stato offerto poco. A mia volta, ho rifiutato quel poco. Non sono un protagonista di scelte residuali. Per quelle, occorrono altri soggetti. Deuteragonista, mai.
Ma dove sta il mio presunto estremismo. Piuttosto che accettare i leftovers altrui, ho scelto di esserlo io, per intero. E' così grave? Nulla contavo prima, nulla conto ora. Fine della storia, delle sceneggiate e delle possibili prese in giro. Non vedo radicalismi, solo sincerità e chiarezza.
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