giovedì 25 aprile 2013

Edinburgh

       Mi telefona mio figlio da Edimburgo. Ci va spesso. La ama. Più di quanto non l'abbia amata io. E già l'ho amata molto.
       E' bello sapere che i "luoghi dell'anima" del padre sono diventati tali anche per il figlio. Vuol dire che, dopo tutto, non sono stato un padre così orribile. E neppure sono un uomo così orribile come talvolta mi descrivono...
       Sapere che tuo figlio ama quello che ami tu e detesta quello che detesti tu implica che sei stato un discreto maestro. Non mi importa se un buon maestro o un cattivo maestro. Ma un maestro, questo sì. Me ne compiaccio.
        Anche se manco da Edinburgo ormai da quasi un ventennio, la vedo nei filmati e nelle foto di mio figlio, e constato che non è mutata più di tanto, se non in meglio. La adoro tuttora, questa splendida "Atene del Nord". Ho dei bei ricordi, legati ad essa. Ha rappresentato un momento importante nel mio personalissimo Bildungsroman.
        Amo anche molto gli scozzesi, con la loro anima chiara e la loro lingua taglientissima, sempre pronta ad irridere tutto e tutti, e sono fermamente convinto di essere stato, in una vita precedente, un highlander. Ho provato fortissima questa sensazione girando a piedi, con Umberto ancora bambino, per i verdi prati dell'isola di Skye, in mezzo a innumerevoli greggi di pecore e a qualche montone che lui bambino - incosciente e irridente - si divertiva improvvidamente a provocare, non valutandone bene il potenziale reattivo. Colà ho avuto fortissima la sensazione di una vita precedente.
        Mi immagino che molti dei lettori del blog sorrideranno. Non li biasimo. Ma l'idea di una vita precedente mi è cara perché penso sempre che talvolta non si riesce vivere pienamente neppure una, di vita, in mezzo a rinunce, divieti, prescrizioni, consigli più o meno interessati, ordini e contrordini, compromessi, richieste di accontentarsi, e via vomitando. Siccome sono riuscito a condurre la mia, almeno fino ad oggi, schivando gran parte (non tutti, ahimè, ma non sono Superman) di questi pericoli, mi dà gioia pensare che avrei potuto viverne un'altra - identica - in quei luoghi a me così infinitamente cari, magari all'epoca di Bonnie Prince Charlie e di Flora MacDonald (1745), facendo il mio dovere sul "campo dell'onore" di Culloden. Eh, sì, perché una cosa è essere un "guerriero esistenziale", un'altra è essere un "guerriero vero". La differenza non mi sfugge. E sognare non è vietato (non ancora, quanto meno...).
 
                            Piero Visani

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