Ho passato buona parte della giornata di Pasqua a lavorare. Le festività francamente mi dicono poco o nulla e non ho particolari esigenze di altro genere. Se devo fare viaggi o attività ludico-distensive, tendo a farle in giorni feriali, poiché detesto la distinzione tra tempo di lavoro e tempo libero, mi ricorda la cultura operaista o quella capitalista. Le detesto entrambe.
Ho scritto molto e poi ho dedicato un po' di tempo all'elaborazione di progetti, visto che la prossima settimana avrò numerosi incontri. Tuttavia, ho anche pensato a me stesso, a che cosa devo fare io in questo momento della mia vita. Ritengo infatti che il piangersi addosso, per quanto comprensibile dopo delusioni personali più o meno gravi, non faccia davvero per me, così come non lo fa il cedere al pessimismo. Ho fatto pessime esperienze, ho incontrato sante, suore e virago, ma la fiducia in me stesso è cresciuta, non diminuita. Sono diventato più attento, più diffidente, più cauto. Non mi lascerò più fare oggetto di macroscopiche prese in giro. Sono stato colto impreparato, perché in vita mia, avendo frequentato determinati ambienti, segnati dall'idealismo politico e culturale, a tutto sono stato abituato meno che alle ipocrisie classiche delle falsità borghesi. Ma non ripeterò i miei errori.
Sto dunque progettando varie cose, nel convincimento che si stia aprendo una nuova stagione della mia vita, e occorra giocarla in positivo.
Non perderò più un solo attimo con donne che non amino il dionisiaco, come lo amo io. Le altre le lascerò rapidissimamente perdere, con il massimo rispetto per le loro idee, ma correndo mille miglia lontano.
Se mi toccherà sentire una donna che mi vuole "solo come amico", scoppierò in una omerica risata e la saluterò immantinente, augurandole le migliori fortune.
Cercherò di vivere, giorno dopo giorno, non di morire. Morire è un attimo, non una vita...
Sarò meno virtuoso che mai, più morboso che mai, più cerebrale che mai, più intellettuale che mai. In una parola, più me stesso che mai e, se non piacerò, ringrazierò la colta e l'inclita, e volgerò il mio sguardo altrove.
Sarò terribilmente egoista, assertivo, autoreferenziale. Farò esplodere la mia personalità. Perché io valgo. E se non piaccio ad una, piacerò ad un'altra, o ad un'altra ancora, o a nessuna. Ma almeno, rimanendo me stesso, piacerò a me. E' di importanza vitale piacersi, quando si è narcisi.
Nessuna mi rimpiangerà, e viceversa. E non potrò essere certo di aver lasciato il segno, ma ci proverò e, in un'ipotetica raccolta differenziata, potrò finire al massimo nel cassonetto delle "carogne vive". Quelle sempre pronte a uscirne di nuovo e a riprendere a mordere - con infinità golosità - nuove vite. Alla base del giudeocristianesimo c'è - lo so ancora meglio di prima, dopo che al corso di teoria ho abbinato anche quello di pratica - la mortificazione della vita, lo spegnimento della passione e del desiderio, il rispetto delle regole, delle distanze, il rifiuto delle esperienze e delle sperimentazioni. Per spegnere le mie, di passioni, tuttavia ce ne vuole. Come il dottor Faust, l'unica cosa cui ambisco, dopo aver conosciuto "i buoni", è che la mia anima sia dannata, per sempre. Devono avermi fatto un'impressione straordinariamente positiva...: la morte da vivo? No, grazie.
Piero Visani
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