giovedì 25 aprile 2013

Un po' di sole nell'acqua gelida

      Quando ci si brucia, si diventa diffidenti. E, tanto più ci si brucia, quanto più i livelli di diffidenza aumentano. "Dopo le mie vicissitudini" - per dirla con Paolo Conte de La ricostruzione del Mocambo - sono diventato molto diffidente e sono spesso sulla difensiva. Il mio desiderio di sopportare prese in giro o affini è basso, bassissimo, per cui, pur senza richiudermi in me stesso, sto molto attento.
      In assoluto, sono sempre stato, di natura, attento e guardingo, ma talvolta ho concesso aperture di credito che si sono rivelate errori fatali, di cui ho scontato troppo a lungo le conseguenze. Non vorrei ripeterli e dunque sono costantemente sul "chi va là".
       Questa mia condizione di animo sta avendo effetti di varia natura: da un lato, talune persone mi rimproverano per questi miei atteggiamenti di chiusura, che poi di chiusura non sono, ma che a loro paiono tali; dall'altro lato, altre persone - più sensibili - hanno compreso le mie difficoltà e hanno cercato di mostrarmi la loro solidarietà aprendosi maggiormente a me.
       Questo secondo atteggiamento mi ha molto colpito, in positivo, perché è segno di una grande sensibilità. Persone che sentivo lontane, vedendo le mie difficoltà, mi si sono avvicinate e, al fine di abbassare il livello delle mie difese, hanno abbassato le loro.
        Ne è scaturito un bellissimo dialogo di anime, che sto apprezzando infinitamente. Mi è stata tesa realmente una mano e questo bel gesto è venuto da chi davvero non mi sarei aspettato potesse o volesse farlo. Senza nessuna motivazione d'interesse, per mera solidarietà umana.
      Uscito da poco da un'esperienza fatta di "brutti voti", di "reiterati ALT", di giudizi negativi a mio carico (neppure richiesti, tra l'altro, dunque totalmente gratuiti e immotivati), di condiscendenza, di sguardi dall'alto in basso, di mia costante misurazione per vedere se rientravo in schemi e canoni apprezzati e apprezzabili, ho infinitamente gradito questo piccolo gesto di apertura, che mi è parso un atto affettuoso, gentile, totalmente gratuito e disinteressato.
       Ho molto apprezzato la reciprocità. Ero abituato a dare, e a ricevere in cambio nulla. Ero abituato ad aiutare, e a ricevere in cambio calci nelle terga. Ero abituato a cercare di costruire, per incontrare malcelato fastidio. Ero abituato a dover misurare le parole, per non urtare suscettibilità esasperate. Ero abituato ad esternare, per sentirmi rispondere a monosillabi.
       Quasi quasi non credo ai miei occhi: ho avviato tre-quattro dialoghi interpersonali, nessuno mi giudica, nessuno mi critica e, se commetto errori, me lo si fa garbatamente notare.
        A tutt'oggi, non so dirmi se ero finito in un manicomio, ieri, o se sono approdato in un'oasi, oggi. Ma lo scoprirò. Tengo troppo a scoprirlo. Mi sono aperto nei due casi, che cosa motiva una così estrema differenza di risposte? Lo scoprirò.
 
                                   Piero Visani 

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