Non riesco davvero a spiegarmi quella sorta di lutto nazionale che pare aver accompagnato la scomparsa di Giulio Andreotti, peraltro all'età di 94 anni. Pare che sia morto uno statista, più che un condannato per concorso in associazione mafiosa (reato da cui non fu assolto - come tutti dimenticano troppo spesso - ma solo prescritto).
Abituato come sono a vedermi fare carico di tutti i mali del mondo e anche delle colpe non mie; abituato come sono a vedermi apprezzato solo e se lego l'asino dove vuole il padrone, non mi stupisce che un soggetto come Andreotti diventi santo. Avendo intuito da bambino quali siano i meccanismi di santificazione, nel mondo moderno, ho chiesto a Satana se potevo stare dalla sua parte, perché almeno lui non mi mentiva e si presentava per quell'essere miserabile che è (o almeno dicono che sia).
Risolto il problema del mio posizionamento su questa terra e grato al Demonio di non avermi nemmeno chiesto di comprare la mia anima, perché sapeva di non averne bisogno (sarà una gratuità che mi ha concesso o aveva capito che sono proprio una carogna? Quasi quasi sarei tentato di aprire un sondaggio, perché sono certo che riceverei qualche parere negativo ma straordinarie e insospettate solidarietà), penso che di Andreotti si possa dire che nessuno, più di lui, fu fedele al suo detto: "a pensar male si commette peccato, ma spesso ci si azzecca".
Io, che ai peccati non credo, penso che questo, per lui, sia il migliore epitaffio e credo che lo ritroverò all'Inferno, dove sono naturalmente destinato post mortem (almeno così mi dicono) e dove mi hanno già collocato in vita (ringrazio sentitamente...). Del resto, ho impiegato una vita a costruirmi un'immagine da "bello", dannato e maledetto. E ora, da qualche tempo ce l'ho fatta. E dire che non ci speravo più...! Mi sa che aprirò un profilo Facebook, da abbinare al blog, così potranno tutti venire a insultarmi e due o tre "dannati" come me ad elogiarmi.
Com'era quel bellissimo film di Dino Risi, con Alberto Sordi: Una vita difficile...? Ma non mi va granché, come epitaffio per me, Fino a poco tempo fa preferivo La tragedia di un uomo ridicolo, di Bernardo Bertolucci, ma ora - se recupero in fretta animus pugnandi - potrei sempre puntare su Una splendida canaglia...
Piero Visani
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