Raccontate la vera natura del capitalismo per via teorica, e si addormenteranno tutti. Raccontatela per via empatica, con una storia che coinvolga chi la vede o la legge, e tutti capiranno di che ideologia orribile si tratti.
E' quanto ha fatto il regista americano J. C. Chandor con il suo film Margin Call (2011), trasmesso in queste sere in televisione e da me guardato con un certo interesse.
E' la storia, raccontata dall'interno, di uno dei tanti collassi di banche d'investimento di Wall Stret che si sono verificati dal 2007 in avanti, ed è una storia che - basata sulle prestazioni attoriali di primissimo livello di Kevin Spacey, Jeremy Irons, Paul Bettany, Demi Moore e molti altri - rappresenta un pugno nello stomaco per chi si faccia ancora illusioni sulla reale natura del capitalismo e della finanza.
Un gruppo di uomini (ma forse sarebbe più corretto dire squali) si fa le scarpe a vicenda nella fase di collasso verticale di una banca d'affari che ha lucrato molto sui mutui concessi senza adeguate coperture e improvvisamente si ritrova ad essere sull'orlo del più totale fallimento.
Non è la storia in sé a colpire lo spettatore, ma il modo con cui viene raccontata, con una partecipazione personale ed emotiva che induce a pensare a un'autentica insider's view.
I protagonisti che la animano sono soggetti per i quali l'unico valore è il denaro, molto denaro. Non hanno principi, etica, rispetto di se stessi e del prossimo. Per loro conta solo il denaro e, per quello, sarebbero disposti a passare anche sul corpo della propria madre. Il loro cinismo è totale, la loro mancanza di principi morali assoluta, il loro universo di disvalori angosciante.
Il film, alla stessa stregua delle due pellicole realizzate su Wall Stret da Oliver Stone, è un durissimo atto di accusa contro il capitalismo finanziario, anche se in esso la polemica antisemita (che pure non manca: il boss della banca si chiama Cohen...) è meno evidente e meno virulenta che nei film di Stone. Mettendone in scena personaggi, "valori", pratiche, conformismi e abitudini, esso si trasforma in un terribile atto di accusa, ci indica, per via empatica, chi siano, come si comportino e come (s)ragionino gli autori di quell' "economicidio" di cui siamo da qualche anno vittime. Ci illustra nei dettagli la natura dei nostri carnefici, ci fa capire a chi dobbiamo il dubbio privilegio di poter essere ormai considerati degli "invisibili", dei morti viventi, degli uomini privi di speranza e di futuro. Ci evidenzia come il denaro sia realmente quanto di più deprecabile possa esistere, se eretto a fine e non circoscritto a mezzo.
Margin Call racconta tutto questo con perizia, dimostrando una volta di più che una teoria, se si trasforma in storia, può fare molto danno ai nemici dell'uomo, perché ne fa proprie le tecniche, e le volge contro di essi.
Piero Visani
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