Non ho mai provato sensi di colpa, in vita mia. Ho fatto qualche nefandezza - immagino - ma era lucida, fredda, calcolata. Non sono uno di quelli che hanno fatto sempre del bene. Ho fatto anche del male. Lo ritenevo necessario, oppure a me non pareva che fosse del male, oppure - ed è la risposta più autentica - io non divido il mondo in Bene e Male. Preferisco dire che era quello che sentivo necessario fare in determinate circostanze.
Agendo in questo modo, mi sono costruito una solida reputazione di persona implacabile e persino crudele. Ma non sono né l'una né l'altra cosa. Non lo scrivo per difendermi. Vorrei esserlo, ma non lo sono.
Faccio quello che ritengo giusto fare, senza il benché minimo problema di immagine, questo sì. Non mi interessa trovare un posto nel gran calderone dei "buonisti" contemporanei. Cerco sempre di mettermi al riparo dal loro procedere per "neutralizzazioni", dal loro cercare di farti male - e molto! - negando che lo stiano facendo; per cui, se reagisci, nascono drammi.
Conosco bene queste tattiche, sono tipiche della "guerra asimmetrica". Trovo francamente divertente, al limite della grassa ilarità, che dilettanti di ogni specie e genere usino questi mezzucci con un professionista. E' come se io, da bravo "tennista della domenica", volessi sfidare domani Rafa Nadal. Chi pensate che vincerebbe?
Amo quindi essere estremamente tranchant. Non accetto, in alcun campo, i giochini classici di una società incline alla sodomia di massa: siccome non ho il coraggio di dirtelo in faccia, cerco altre strade...
Io non sono così e non devo nemmeno scusarmi per non esserlo. Individuo questo tipo di aggressioni parecchio prima che si manifestino in concreto e ho già pronte le contromisure.
Dovrei avere sensi di colpa per questo? Se attaccato, reagisco. Se devo attaccare, cerco di fare il maggior numero di danni possibile: intervento di precisione chirurgica, ricorso a una minimum force, grande attenzione a non infliggere danni collaterali; ma poi colpisco, e duro.
Non vedo perché dovrei nutrire sensi di colpa per tutto questo. In genere, presto alle persone il massimo rispetto (la fila di coloro che si sentono rispettati da me è lunga infiniti chilometri). Ne chiedo altrettanto e di norma lo ottengo. Tutto funziona alla perfezione, perché io rispetto sempre chi mi rispetta. Se poi cominciano giochini sporchi, per un po' abbozzo, poi mi difendo.
Ho modi inurbani? Non mi pare proprio. Sono aggressivo? Non me l'ha mai detto nessuno. Mi difendo? Come chiunque, quando viene aggredito. Non seguo le convenzioni borghesi? E' mai parso che le seguissi? Non capisco perché rimproverarmi perché non ho profilo - e valori - da tiny dancer: a qualcuno è mai parso che li avessi...? Ma io l'ho sempre detto: è proprio quello il grande errore che viene commesso con me: omologarmi. Non aprite quella porta, grazie. Lasciatemi in pace. Ma nella pace che voglio io, non in quella che vorreste voi. Nel mondo della finzione e delle convenzioni borghesi, io non entro e non voglio entrare. L'universo delle false "diversità" mi suscita pena. Io sono un "diverso" vero, non finto, e infatti di me dite che sono un alieno, e mi trattate come tale. Benissimo, nessun problema. Ma era già tutto scritto prima, forse voi non ve ne eravate accorti. Con il processo di "femminilizzazione" dell'Occidente, io - in quanto di cultura guerriera - nulla c'entro e nulla voglio sapere. Se vi urge profferire la fatidica frase: "Ciao maschio!", avete scelto l'indirizzo sbagliato... Però consolatevi: di wimp urbani, perbenisti, mononeuronici e "gradevoli" c'è abbondanza di scelta. Mercato libero.
Piero Visani
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