sabato 11 maggio 2013

Viva le "pazze"!

      Ho sempre amato, in vita mia, solo ed esclusivamente donne "pazze". Vale a dire strane, peculiari, "diverse", imprevedibili, farouches. Divertenti in quanto cariche di una loro specifica dose di follia, quella follia tipicamente femminile che è quanto di più amabile ci possa essere al mondo.
      La donna "pazza" si fa rincorrere. Quando ti sembra di averla raggiunta ti spiazza con qualche nuova iniziativa; è sempre un metro davanti a te. Ti riempie la vita.
      Non so perché ami le donne "pazze", probabilmente per la loro totale e assoluta imprevedibilità. Le amo e le cerco da quando avevo 14 anni. Mi hanno massacrato in tutti i sensi, anche se una l'ho perfino sposata. Ma non cambierei questa mia propensione per nessun motivo. Non è soltanto indizio di masochismo, perché in realtà non mi reputo neppure tale. E' indizio di volontà di ricerca, di sperimentazione, di un gioco tra gatto e topo che talvolta diventa gioco al massacro, ma alla fine ti riempie la vita, magari devastandotela.
      Non sopporto le donne banali, prevedibili, scontate, con i loro problemini, le loro "moraline" (direbbe Nietzsche...), le loro piccole esigenze, le terribili noie che inducono nel mio animo.
      Amo le "pazze". Loro non amano altrettanto me - devo confessarlo - ma non so che farci, perché credo che ci siano pochi uomini che hanno eretto loro monumenti come li ho eretti io, che abbiano tentato di capirle come ho tentato io, che abbiano voluto loro bene come ne ho voluto e ne voglio io.
      Il più delle volte mi hanno tirato formidabili mazzate. Probabilmente la mia assiduità le aveva stufate oppure non credevano che il mio atteggiamento fosse sincero. Ma lo era, lo è. Le amo davvero, tutte. Tutte quelle che hanno incrociato la mia vita.
      In questo mio après guerre mi sto appunto leccando le ferite di un mio ennesimo incontro/scontro con uno stupendo esemplare della categoria. Sono stato preso a terribili mazzate, ho cercato di restituire qualcosa, ma, oltre ad avere molto sofferto, mi sono anche un po' divertito, perché la "follia di genio" è sempre ammirevole.
      Certo mi sarebbe piaciuto essere preso sul serio; certo mi sarebbe piaciuto che il mio interesse fosse stato inteso come autentico, e non come capzioso; certo avrei di gran lunga preferito salvaguardare un'amicizia e non essere liquidato con una mail algida e burocratica. Ma tutte le cose belle prima o poi finiscono e, se dopo un anno e mezzo non sei riuscito a conquistarti una qualche forma di apprezzamento dalla persona con cui ti sei rapportato per tanto tempo, se non hai acquisito credibilità, se sei un amico come gli altri; se, in pratica, non sei nessuno, allora è giusto uscire di scena. Magari con qualche baruffa, perché ti sei sentito tradito, vilipeso e preso in giro, e anche perché - in termini di pazzia - è bene diffondere il concetto che anche tu, se vuoi, non sei secondo a nessuno...
       Ti restano ferite profonde ma anche bei ricordi. Hai fatto tutto quello che ti era possibile fare, ma era chiaro che eri venuto a noia e stavi diventando ingombrante: scrivevi troppo, assillavi troppo, amavi troppo. Dunque meglio uscire di scena. Chi è stato protagonista di una comédie humaine non può rassegnarsi ad accettare il ruolo di comparsa. Sei stato invitato a sloggiare, e lo hai fatto, magari accompagnando il tutto con un tocco di follia che fosse affine alla sua. Les jeux sont faits. Les dieux s'en vont.
       Il tempo, poi, lenisce molte cose e, anche se la tua anima è sforacchiata quanto un bersaglio dopo un'esercitazione di un plotone di soldati dalla mira precisa, non hai nulla da rimproverarti. Hai dato tutto e - lo sai per esperienza di vita - nemmeno tutto può bastare, a volte, con le "pazze". Ma non per questo cesseranno di esserti simpatiche.
       Sei nel tuo après guerre, non hai più motivi di ostilità, sei rassegnato al tuo destino e cerchi solo l'oblio. Tuttavia, rifaresti tutto quello che hai fatto, perché le "pazze" sono le uniche donne per le quali, per me, valga la pena di vivere (o di morire). Non credo che loro l'abbiano mai capito e questa è forse la cosa che mi fa più male.
 
                                    Piero Visani

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