Da quando esiste questo blog, cioè da oltre cinque mesi, ho sempre descritto gli effetti che gli altri esercitano su di me, in particolar modo in ambito relazionale e sentimentale. Ne è scaturita l'immagine di un individuo che gli americani definirebbero giustamente come un "perdente". In effetti, tale sono, nelle relazioni interpersonali e sentimentali.
Nel descrivermi, non ho fatto sconti, né a me stesso né agli altri, raccontando le cose dal mio punto di vista - ovviamente - e cercando di descrivere come le ho viste io e che cosa ho provato io. Ne è scaturita una congerie di situazioni e sensazioni negative, che ho tentato di descrivere minutamente, spiegando le ferite che hanno aperto nel mio animo.
Quello che non ho mai fatto è stato descrivere, oltre al lato perdente di me, quello vincente, vale a dire gli effetti che esercito io sugli altri. Mi sono astenuto dal farlo non per pudore, ma per non apparire più tracotante e supponente di quanto già non apparissi, e per dare prova del fatto che il mio era ed è un dolore vero.
Tuttavia, non sono arrivato alla mia età senza conoscere gli effetti che esercito io sulle persone con cui mi relaziono. Sono affermazioni non apodittiche e tanto meno autoreferenziali, ma frutto di storie di vita, di confessioni dolorose scambiate con ex con le quali, magari dopo tanti anni, si è riaperto un dialogo; di un'approfondita autoanalisi, talora supportata professionalmente dall'esterno; di descrizioni dettagliate di chi mi conosce bene e che, forse proprio per questo, sa cogliere meglio certe sfumature.
Io lascio il segno. Sulle persone che incrocio da vicino nella mia vita, io lascio il segno. La mia personalità è molto forte e, se anche può tendere a debordare, nessuno si dimenticherà facilmente o rapidamente di me. La passione con cui faccio le cose, tutte le cose, anche le più minute, è anomala e la mescolanza tra fattori endogeni e fattori esogeni fa sì che io lasci il segno.
Mi è capitato molto spesso di essere buttato via, per le ragioni più diverse, ma quasi mai o forse mai mi è capitato di essere dimenticato. Odiato sì, dimenticato no. E' impossibile dimenticare una personalità come la mia. La mia psicologa - che con valente arte maieutica ha portato alla luce un aspetto che peraltro io conoscevo già benissimo, anche se mi ha fatto piacere scoprirlo scientificamente comprovato - mi ha detto che io non lascio il segno, io apro voragini, e ne ha attribuito le cause a questioni di personalità e sensibilità (entrambe particolarmente forti), e di partecipazione emotiva (fortissima e tale da innescare inevitabilmente anche reazioni empatiche, talora di rifiuto, ma sempre di genere emotivo, legate a dinamiche che potrebbero essere definite, molto superficialmente ma per rendere l'idea, di odio/amore).
Ero già a conoscenza di queste cose, anche se non in maniera psicologicamente corretta, in quanto me lo avevano confessato alcune mie ex, con le quali, dopo rotture più o meno drastiche, ero riuscito, più che altro per caso o perché la forza dell'amore era tale da spingerci irresistibilmente, nel corso del tempo, l'uno verso l'altra, a riaprire un canale di dialogo.
Dunque non sono solo un perdente, in questo campo. Vengo fatto volare via e accetto la mia sorte, ma forse la accetto più facilmente di altri perché so che non sarà facile dimenticarmi, nel bene come nel male. Ci si ricorderà di me, e forse non solo e non sempre per pensare che "uno stronzo così non l'avevo mai incontrato!". Quella sarà la prima impressione, poi ne verranno fuori altre, meno negative, poiché sarà la piatta banalità degli altri, così tranquillizzante e "serena", ma così noiosa, alla lunga, a rivalutare me, a far sentire nostalgia per quell' "angelo ribelle", apparentemente così crudele ma in realtà così appassionato, "diverso", cerebrale, singolare, "bello e dannato".
Succede spesso, con me. Vorrei dire che succede sempre, ma sarebbe eccesso di presunzione. Però succede, perché io valgo. Nel dubbio, guardarsi intorno e meditare, gente, meditare. Vi piacciono così tanto i "bancari dell'anima"...? Amate giocare nel "giardino dei semplici"? Vi tranquillizzano i maschi decerebrati, quelli tutto sport e battute stronze, vi fanno sentire più donna? De gustibus... E se fossi io - come sono e fui - il vero irraggiungibile, colui che ha "raggiunto e superato", e da lì sono nati certi complessi d'inferiorità, certe sensazioni "di non essere all'altezza"? Vogliamo raccontarli tutti, gli scenari possibili...?
Piero Visani
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